Nel giorno della solennità del patrono della città frentana, il Vescovo Gianfranco De Luca cita Papa Francesco e chiede di riscoprire il senso di gesti e momenti che scandiscono l’esistenza di una comunità


LARINO. In occasione della solennità di San Pardo, patrono di Larino e diocesi, il vescovo Gianfranco De Luca, ha condiviso con la comunità una nuova lettera che – in questo momento di fatica e sofferenza – esorta tutti a riscoprire e a mantenere forti le radici di fede, riti, gesti e tradizioni nella loro realtà profonda per continuare, con uno spirito rinnovato, a esprimere la gioia e l’orgoglio della propria unicità e della tradizione che ne manifesta l’identità.

Sono state diverse, in base alle nuove norme e protocolli, le messe celebrate nella Basilica Concattedrale nel corso della giornata del 26 maggio.
Quella delle 11, presieduta da mons. De Luca, è stata trasmessa in diretta tv su Telemolise e in streaming per consentire una maggiore copertura del servizio offerto alla comunità, grazia anche all’allestimento curato da don Fernando Manna.

Alla funzione, concelebrata con i parroci don Antonio Giannone, don Claudio Cianfaglioni e don Antonio Di Lalla e i sacerdoti della città, hanno preso parte il sindaco Giuseppe Puchetti, gli amministratori, le forze dell’ordine e il consiglio pastorale. Al termine della santa messa è stato collocato sul sagrato della Concattedrale il sacro busto di San Pardo, portato dai parroci, accanto a un carro storico.

In un’atmosfera di grande commozione il vescovo ha diffuso il contenuto della lettera scritta per l’occasione prima di impartire, in un momento carico di grande emozione, la benedizione con le reliquie del Santo alla città e a tutta la diocesi.

In particolare De Luca ha fatto riferimento a quanto osservato da Papa Francesco in una recente intervista rilasciata nel momento più difficile della pandemia. Egli ha fatto riferimento a un verso di Virgilio quando Enea, sconfitto a Troia, aveva perduto tutto e gli restavano due vie d’uscita: o rimanere lì a piangere e porre fine alla sua vita, o fare quello che aveva in cuore, ovvero andare oltre, andare verso i monti per allontanarsi dalla guerra. È un verso magnifico, dice il Papa, citandolo: “Mi rassegnai e sollevato il padre mi diressi sui monti”. E conclude: “E’ questo che tutti noi dobbiamo fare oggi: prendere le radici delle nostre tradizioni e salire sui monti”.
“Quella che Papa Francesco ci propone – ha spiegato il vescovo di Termoli-Larino – se da una parte può sembrare una ritirata, dall’altra ci aiuta a entrare nella possibilità che la triste circostanza che viviamo contiene per noi”. Un invito, in sostanza, “a prendere sulle spalle le nostre tradizioni riscoprendo la radice di tutto, le motivazioni che le animano e le rendono parte della nostra vita di popolo, gli elementi che fanno vibrare l’animo e il cuore di ciascuno nel preparare e nel vivere gli eventi che la costituiscono, quale il frutto che godiamo e condividiamo ogni anno e che fa sorgere sempre in noi il desiderio di riproporre e rivivere ciclicamente tutto con nuovo slancio e nuovo ardore”.
Nel pomeriggio si è svolta un’altra toccante celebrazione eucaristica con la partecipazione della Pia Associazione dei Carrieri con un solo rappresentante per ogni carro.  “C’è un bel cammino davanti a noi – ha osservato mons. De Luca – ma soprattutto una grande possibilità: quella di ritrovare noi stessi e  le nostre radici”. 

Foto di Guerino Trivisonno

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