La deflagrazione, avvenuta nel maggio 2010, causò la morte del 27enne Giovanni Di Caprio e il ferimento della moglie e del figlioletto di soli due mesi


CAMPOBASSO/ISERNIA. Nuovo capitolo della vicenda giudiziaria relativa all’esplosione verificatasi nel maggio 2010 in una casa a Pesche, a seguito della quale morì il 27enne Giovanni Di Caprio.

Si è appena concluso l’Appello con altre due condanne a due anni per omicidio colposo.

In primo grado furono condannati la proprietaria dell’abitazione e l’impiantista, cui erano state riconosciute le attenuanti generiche. Mentre altri tre imputati, ossia il direttore dei lavori e i due tecnici che avevano realizzato l’impianto di fornitura del gas nella casa sulla Statale 17, erano stati assolti “perché il fatto non sussiste”.

Una decisione alla quale hanno fatto appello sia i condannati che le parti offese, rappresentate dai legali Raimondo Fabrizio, Stefano Cappellu e Francesco D’Orsi, chiedendo – quest’ultime – la riforma della sentenza in quanto convinte dell’esistenza di responsabilità anche in capo alla società distributrice del gas, nonché fornitrice del cosiddetto deposito del gas stesso. 

In accoglimento della richiesta delle parti offese, dunque, il Collegio penale presieduto dal giudice Pupilella, ha confermato le condanne nei confronti della proprietaria dell’abitazione e dell’impiantista ed ha disposto la stessa pena per il direttore commerciale della filiale della società del gas con sede a Napoli, che ha curato l’installazione e il rifornimento del gas, e per l’ispettore addetto alle vendite della medesima società.

Di Caprio – si ricorda – si trovava nella dimora saltata in aria da soli due giorni, insieme alla moglie e al figlioletto di due mesi. Il 9 maggio di sei anni fa, secondo le ricostruzioni, fu proprio lui ad alzarsi per primo e a recarsi in cucina. Lì, verosimilmente, accese una sigaretta che innescò la miccia esplosiva. Di qui il boato e l’onda d’urto che mandarono in pezzi l’abitazione, ferendone gli inquilini. Rimasero tutti ustionati. Ma il più grave fu proprio il giovane papà, che riportò ustioni sul 90 per cento del corpo. Ricoverato d’urgenza in un ospedale specializzato di Napoli, dopo qualche giorno perse la vita, mentre la moglie e il piccolo si salvarono. La donna, il bambino e la madre della vittima si sono costituiti parte civile in giudizio.