Nel chiostro di Palazzo San Francesco il confronto tra attivisti e istituzioni per lanciare la manifestazione di sabato 13 luglio: al centro il senso della battaglia per i diritti anche e soprattutto nelle province


di Pietro Ranieri

ISERNIA. C’è ancora bisogno del Pride e delle battaglie che questa manifestazione rappresenta? A giudicare dai tanti commenti che si scatenano sui social quando se ne parla, si direbbe decisamente di si. Soprattutto in provincia. “Leggendoli ci siamo resi conto che a Isernia c’è una marea di gente che ci odia”, racconta uno degli organizzatori della manifestazione durante l’incontro ‘Il Molise esiste. Anche io!’, confronto che apre il Pride Weekend nel capoluogo pentro.

Domani, 13 luglio, alle 18, partirà il corteo – che già si preannuncia coloratissimo e molto partecipato, a giudicare dalle stanze stracolme delle strutture ricettive – da piazza della Repubblica, per snodarsi verso il centro storico dove esploderà poi la festa con la Notte Arcobaleno.

Ma il Pride è anche dialogo, dibattito, confronto. A dispetto di quello che gli odiatori da tastiera pensano. Con questo spirito, nel tardo pomeriggio di oggi 12 luglio, si è tenuto l’incontro organizzato da Arcigay Molise nel chiostro di Palazzo San Francesco. Con Luce Visco, presidente dell’associazione, la senatrice e coordinatrice del comitato politiche di genere e diritti civili del M5S Alessandra Maiorino, l’attivista per i diritti LGBTQ+ Marilena Grassadonia – componente della Segreteria Nazionale e Responsabile ‘Diritti e Libertà’ di Sinistra Italiana e coordinatrice dell’Ufficio Diritti LGBT+ di Roma Capitale – la consigliera comunale e provinciale Sara Ferri e Francesco Angeli in rappresentanza degli organizzatori della manifestazione.

Un’occasione per parlare di diritti civili, tema per i relatori imprescindibile da quello dei diritti sociali “che vanno difesi parimenti, perché non si può pensare di far progredire gli uni senza gli altri”, e delle storie umane di singoli e di gruppi che non cercano la ‘carnevalata’ né l’ostentazione ma semplicemente uno spazio per potersi sentire liberi. Poi, il ruolo della politica e dell’associazionismo in questa lotta, la conquista delle unioni civili che stralciò però la possibilità delle stepchild adoption (“un’occasione persa”, sottolineano, come quella della legge Zan contro l’omolesbobitransfobia).

Spazio anche per l’autocritica, certo, ma anche per l’orgoglio di aver combattuto e vinto importanti battaglie, anche trovando nuove possibilità di fare gruppo e di tracciare rotte per il futuro, insieme. Contro ogni ideologia, e provando a intercettare i bisogni reali delle persone, per trovare soluzioni che creino vite migliori. Per tutte, tutti e tutt*.

Le interviste nel video