Nel mese di giugno, nell’ambito del progetto ‘Mosaicmo’, è stata eseguita una perforazione del bacino di Bojano per capire l’evoluzione geologica e tettonica dell’area


BOJANO. Una migliore comprensione della sismotettonica e della pericolosità sismica nel settore del Sannio-Matese e Molise con un focus sul bacino tettonico di Bojano. È questo l’obiettivo del progetto sismologico-geofisico-geologico ‘Mosaicmo’, finanziato dall’Ingv con fondi del Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Un’iniziativa che coinvolge diversi comuni molisani: Sepino, Guardiaregia, Campochiaro, San Polo Matese, Colle d’Anchise, Macchiagodena, Cantalupo nel Sannio, San Massimo, Bojano.

E proprio nell’ambito del progetto lo scorso mese di giugno, un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha eseguito, in collaborazione con l’Università degli Studi del Molise, una perforazione nella piana di Bojano, a nord-est dei Monti del Matese 

Come noto, quell’area fu devastata nel1805 da un terremoto distruttivo di magnitudo stimata 6.7.e pertanto la zona è diventata focus dello studio.

La perforazione  è durata 18 giorni “ed ha permesso – si legge sul sito dell’Ingv – di campionare in modo continuo i sedimenti Quaternari del bacino fino alla profondità di 139 m. Da 140 a 175 m ha attraversato le rocce alla base del bacino costituite da marne, silt e argille intervallate a livelli litoidi di siltiti del Miocene superiore (7.2-11.6 milioni di anni). I sedimenti campionati sono tipici di un ambiente deposizionale dove fasi di tipo fluvio-alluvionale si alternano a estesi periodi di sedimentazione palustre”.

“Le successive analisi di laboratorio sui campioni daranno informazioni sulla litologia, proprietà fisiche ed età dei sedimenti – evidenzia ancora ancora l’istituto – Mediante datazioni assolute dei campioni ed in base alla composizione chimica e mineralogica di ciascun livello vulcanico, sarà possibile determinare da quale vulcano (presumibilmente dal distretto campano) e durante quale eruzione è stato prodotto, e quindi conoscere l’età del sedimenti che lo contengono. Le datazioni, integrate con vincoli cronologici derivati dalle proprietà magnetiche dei campioni di sedimenti, permetteranno di definire una scansione temporale dei ritmi di sedimentazione e delle condizioni deposizionali ed ambientali del bacino di Bojano, evoluzione tettonica dell’area.

L’analisi preliminare dei livelli vulcanici campionati ed i risultati di studi precedenti eseguiti su tefra riconosciuti nell’area di Bojano ed in bacini appenninici suggeriscono che la scansione temporale si spingerà indietro nel tempo fino ad almeno 500.000 anni fa.

Che la perforazione abbia attraversato sedimenti prevalentemente argillosi non è un risultato inatteso. Infatti, il progetto è stato preceduto da un’indagine di tomografia geoelettrica tridimensionale, che ha permesso di definire la distribuzione della conducibilità elettrica (resistività) dei sedimenti e rocce presenti fino a 500 metri di profondità. Con questa tecnica, analoga alla TAC in medicina, è stato possibile identificare le zone del bacino dove maggiore è la probabilità di attraversare con la perforazione sedimenti limoso-argillosi, utili ad ospitare e preservare i depositi vulcanici.

Tutte queste indagini hanno comportato notevoli difficoltà logistiche, che è stato possibile affrontare grazie alla preziosa collaborazione delle amministrazioni locali coinvolte. Ma le indagini nella piana di Bojano non si concludono con la perforazione scientifica”.

Nei prossimi mesi i ricercatori  condurranno nuove campagne geofisiche con tecniche tomografiche e sismologiche in un ampio settore del bacino centrato sul sito della perforazione. I dati stratigrafici del sondaggio saranno utilizzati per vincolare l’interpretazione dei nuovi modelli geofisici. Con questa strategia di indagine multidisciplinare sarà possibile costruire un modello di sottosuolo tridimensionale geologico-geofisico-sismologico di dettaglio, che include un ampio settore del bacino compreso tra i Comuni di Bojano, Cantalupo del Sannio, San Massimo e Macchiagodena.