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Il risultato emerge dall’analisi condotta dai 104 esperti raggruppati dal C.R.E.A. Lo studio presentato oggi a Roma riguarda vari settori, tra cui economia, diritto, epidemiologia, ingegneria biomedica e statistica medica


ROMA. Fortemente insufficiente: è il voto dato al Molise in materia di performance sociosanitarie. Il risultato che emerge dall’analisi delle opportunità di tutela della salute nelle Regioni, condotta dai 104 esperti raggruppati dal C.R.E.A.

Un’analisi approfondita condotta dal Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità, ha evidenziato le disparità nella tutela della salute tra le diverse regioni italiane. Lo studio, presentato oggi a Roma, ha coinvolto 104 esperti di vari settori, tra cui economia, diritto, epidemiologia, ingegneria biomedica e statistica medica, raggruppati in un Panel multistakeholder suddiviso in cinque gruppi: Istituzioni, Management aziendale, Professioni sanitarie, Utenti e Industria medicale.

Regioni promosse con ottimi risultati. Le Regioni Veneto, Piemonte, Bolzano e Toscana, con una popolazione complessiva di oltre 13,3 milioni di abitanti, sono state promosse per i loro eccellenti livelli di tutela della salute, ottenendo un indice di Performance che supera il 50% del livello massimo: rispettivamente 60%, 55%, 54% e 53%.

Regioni con performance sufficiente. Friuli-Venezia Giulia, Trento, Emilia-Romagna, Liguria, Valle d’Aosta, Marche e Lombardia, che contano un totale di 19,3 milioni di abitanti, sono state promosse con una valutazione sufficiente, raggiungendo livelli di Performance compresi tra il 45% e il 50%.

Regioni Rimandate. Le Regioni Sardegna, Campania, Lazio, Umbria, Abruzzo e Puglia, con circa 18,9 milioni di abitanti, sono state classificate come “rimandate”, con livelli di Performance tra il 37% e il 44%.

Regioni fortemente insufficienti. Sicilia, Molise, Basilicata e Calabria, che contano circa 7,5 milioni di abitanti, hanno ottenuto risultati fortemente insufficienti, con un livello di Performance inferiore al 35%.

L’analisi – che non si limita alla valutazione degli aspetti sanitari ed economici, ma analizza anche quelli sociali e di equità dell’assistenza – è stata condotta in base a 20 indicatori articolati su cinque dimensioni: equità, appropriatezza, esiti, innovazione, economico-finanziaria e sociale, e il risultato dà la misura reale dell’efficacia dell’organizzazione e degli esiti dell’assistenza sociosanitaria, e permetterà anche di monitorare gli effetti dell’applicazione dell’autonomia differenziata dal Nord al Sud del Paese.

LE SCHEDE DELLE 20 REGIONI

Autonomia differenziata: quattro gruppi di Regioni a confronto
Per quanto riguarda l’autonomia differenziata, il Crea ha messo a punto la metodologia per monitorarne gli effetti, e darà i primi risultati non appena verrà concessa a una o più Regioni. Nella prima fase di implementazione, sono state calcolate e poi comparate, per il periodo 2017- 2022, le dinamiche su dieci indicatori scelti dal Panel di esperti in gruppi di Regioni: il gruppo delle Province/Regioni Autonome o a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige con Trento e Bolzano) raffrontato con il gruppo di quelle in Piano di rientro (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia) sempre verso le altre e quello delle Regioni che hanno richiesto l’autonomia differenziata nel 2017 (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna), ancora una volta verso le altre. I risultati sono stati aggregati in aree “cumulate” di miglioramento e peggioramento, ponderate con i pesi attribuiti agli indicatori dal Panel di esperti, e sono stati sintetizzati, per ogni gruppo di Regioni proposte per il confronto, in un indice numerico: l’“Indice Sintetico Ponderato” (ISP), misura del rapporto tra le aree di peggioramento e di miglioramento nel periodo considerato. Il valore “0” indica una complessiva compensazione fra i miglioramenti e i peggioramenti regionali, il valore “1” un miglioramento per tutte le Regioni del gruppo e “-1” un loro peggioramento.
Nel primo confronto, per le Province/Regioni Autonome o a Statuto Speciale l’ISP è di 0,38 e 0,40 per le altre. Quindi, nel periodo 2017- 2022 la dinamica nelle Province/Regioni Autonome o a Statuto Speciale è stata (leggermente) peggiore che nel gruppo delle altre.Nel secondo confronto, le Regioni in Piano di rientro registrano un ISP pari a 0,44, verso lo 0,37 delle altre: le Regioni in Piano di Rientro sono andate meglio delle altre.Infine, nel terzo confronto, le Regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata registrano un ISP pari a 0,36 verso lo 0,40 delle altre.