La band simbolo del rock italiano sfodera tutto il proprio repertorio in due ore e mezza di concerto e anticipa il tour per i 60 anni di carriera. Il racconto a quattro mani di Giuliano Vacca e Pietro Ranieri


TERMOLI. Si può essere amici per sempre? Viene da chiederselo ad ascoltarli, già dopo la prima nota della canzone di apertura. E il pubblico della Arena del Mare, giunto a Termoli non solo dal Molise ma anche dalle regioni vicine, non ha dubbi: risponde sì. Red Canzian, Roby Facchinetti, Dodi Battaglia e Riccardo Fogli, insomma i Pooh, hanno addosso il peso di più di 50 anni di carriera, di oltre 50 anni di storia di Italia raccontata con le loro canzoni.

Dopo Amici per sempre, appunto, ci sono ‘Rotolando respirando’, ‘L’aquila e il falco’, ‘Stai con me’ e la hit ‘Noi due nel mondo e nell’anima’ – la preferita di chi scrive, ndr – che lascia in visibilio le coppie presenti.

“Lasciate fuori i pensieri, godetevi questa serata di musica”, chiede Roby ai presenti. Lo stesso Roby che ricorda Stefano D’Orazio prima di intonare la magnifica ‘La donna del mio amico’, scritta nell’ormai lontano 1995 proprio dal compianto batterista. Oggi sostituito da Phil Mer, figlio di Canzian.

Da quel momento, la band spinge e tira fuori un tris di assi: ‘L’altra donna’, ‘Stare senza di te’ e soprattutto ‘Parsifal’ con quest’ultima che fa da teatro per una lunga seria di virtuosismi e assoli delle tastiere di Facchinetti, delle chitarre di Battaglia e anche del flauto di Canzian. E a proposito di quest’ultimo. Che stile, per lui il tempo sembra essersi fermato a giudicare da come si muove su quel palco. Red di nome e di fatto, vista la sua inconfondibile giacca rossa.

I cori e le armonie vocali, i sintetizzatori e i riff di chitarra prendono a piene mani dal rock progressivo, di cui sono degni rappresentanti italiani, ma è presente anche l’impronta tipica del beat anni ’60, testimoniata dall’incursione di Riccardo Fogli. Questi a metà set sale sul palco e se ne impossessa: scherza con il pubblico, presenta i suoi colleghi musicisti per poi cantare ‘In silenzio’ e ‘Storie di tutti i giorni’ con cui da solista vinse Sanremo nel 1982. E prima di scendere ‘proclama’ Dodi come miglior chitarrista europeo.

Nella seconda metà, spazio a un’atmosfera intimistica: le tre voci di Red, Roby e Dodi si fondono e, accompagnate soltanto da un pianoforte a coda e una chitarra acustica, intonano pezzi del calibro di ‘Notte a sorpresa’, ‘Ci penserò domani’, ‘Uomini soli’ e ‘Tu dov’eri’ con una dedica speciale a Valerio Negrini, lo storico paroliere del gruppo morto nel 2013.

La chiusura è affidata alle canzoni più famose ma soprattutto più potenti: Fogli torna sul palco, il pubblico si alza in piedi e, diventato un tutt’uno con la band, canta ‘Non siamo in pericolo’, ‘Dammi solo un minuto’, ‘Piccola Katy’, ‘Pensiero’ e ovviamente ‘Chi fermerà la musica’.

Chi la fermerà non si sa ma una cosa è certa: non terminerà prima del 2026, anno in cui i Pooh festeggeranno i 60 anni di carriera e per l’occasione – come annunciato proprio ieri a Termoli – torneranno in tour.

Giuliano Vacca


C’è un momento esatto delle due ore e mezza di concerto che i Pooh offrono a Termoli in cui ci si rende conto di trovarsi a casa: è quando la band, per il segmento finale, intona ‘Piccola Kay’ e 10mila persone la cantano, tutte insieme. Pochi brani sono capaci di legare in maniera così trasversale quattro generazioni di italiani – dai ‘boomers’ alla Gen Z. Eppure Red, Roby, Dodi e Riccardo, tutt’altro che nonnini sul palco, riescono a tessere un incantesimo raro. A memoria non credo sia possibile citare altre band in attività da sessant’anni che ancora producono musica e girano in tour al livello dei Pooh. In Italia, sicuramente solo i Nomadi. All’estero, per quanto magari molti ne sorrideranno, bisogna andare dalle parti di AC/DC, Stones e Pink Floyd. Ecco, li lasceremo sorridere.

Noialtri invece ci godiamo il privilegio di far parte del ‘grande popolo’ che questa band la ama, la studia, la canta a squarciagola. C’è un video, su Youtube, di un content creator estremamente seguito, Mad Ang. Questo ragazzo propone un format molto rodato ma sempre efficace: la reaction. Ascolta brani musicali proposti dai suoi follower e si filma mentre li commenta a caldo. Una nutrita community italiana lo segue, e non è raro vederlo emozionarsi su brani dei Matia Bazar o di altri grandi interpreti nostrani. Un suo video mi è tornato in mente durante l’esecuzione – magistrale – di ‘Parsifal’, proprio quello dove commenta la gloriosa opera rock dei nostri FabFour. Live a Bologna, 31 dicembre 2016. C’era ancora Stefano D’Orazio, e Ang nel video dice testualmente: “It’s the first time I hear this band, and they are telling me: let me show you what music is”.

Nel debutto termolese è esattamente quello che succede. I Pooh ci prendono per mano, come una grande famiglia, e ci accompagnano in un viaggio alla scoperta del senso che loro danno al suonare, alla musica. Un racconto che fonde la loro incredibile bravura – è clamoroso quanto sembri facile suonare certe cose molto difficili, se a farlo sono dei musicisti di prim’ordine come loro – con supporti video e grafiche che si adattano al ‘clima’ e al periodo del brano. Non mancano effetti speciali degni delle rock band internazionali, con fuochi ed esplosioni, e tutto funziona alla perfezione, anche quando un faro si spegne su Red mentre parla, ma lui ci scherza su e rende momento di spettacolo anche un piccolo inconveniente.

Parlare di sicurezza e padronanza del palco sembra quasi riduttivo. La band è talmente rodata che conosce ogni nota, ogni centimetro, ogni effetto alla perfezione. Non devono neanche guardarsi tra loro, e perfino Riccardo Fogli, dopo un momento di visibile emozione per la serata di debutto, si lascia andare e s’inserisce nel coro, nella ‘pasta’. E allora sono solo emozioni, bei ricordi, momenti da condividere tutti insieme sotto la luna, sulla riva del mare, con le persone che amiamo. Accompagnati, oggi come sessant’anni fa, dalla musica immortale di questi quattro ragazzi che sanno ancora farci piangere, ballare, saltare, ridere: noi ‘Uomini soli’ che, di tanto in tanto, riusciamo a ritrovare il filo in un assolo di chitarra.

Pietro Ranieri

Foto dalla pagina Facebook ufficiale dei Pooh