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Inaugurazione dell’anno giudiziario: l’intervento del presidente della Camera Penale di Isernia

Francesco La Cava ha posto l’accento, tra l’altro, sull’alto numero dei reati prescritti e sulla separazione delle carriere in Magistratura


CAMPOBASSO. Prescrizione e separazione delle carriere: sono alcuni dei temi dell’intervento del presidente della Camera Penale di Isernia Francesco La Cava nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

“Lo scorso anno – ha esordito La Cava – ho ripreso l’intervento programmatico del Presidente del Consiglio, da poco nominato, con cui manifestava l’intento di potenziare la giustizia di prossimità e il ministro della Giustizia si proponeva di procedere, oltre che alla riforma del processo penale, alla separazione delle carriere tra Magistratura Giudicante e Requirente. Propositi pienamente condivisi da questa Camera Penale.

A distanza di un anno di separazione delle carriere se ne continua a parlare, mentre per la Giustizia di prossimità con la ripresa dei concorsi e l’ufficio del processo abbiamo visto un passaggio di avvocati dalla libera professione alle Cancellerie dei Tribunali. A conferma basti vedere il numero degli aspiranti avvocati che quest’anno hanno acceduto al concorso: meno del 70/80 % rispetto agli anni precedenti. Al 2023 gli avvocati in Italia eravamo oltre 240.000. Un numero spropositato rispetto alle effettive esigenze.

Sono stati stabilizzati la maggior parte dei giudici onorari – ha evidenziato – ma il numero complessivo dei giudici, tra requirente e giudicante, è sempre lo stesso. Anche se ora il ministro ha annunciato la predisposizione di tre concorsi per 1.300 nuovi giudici togati”.

In merito al processo penale telematico “la situazione – ha detto ancora La Cava – è pressoché invariata ed è slittata di un altro anno. Il personale di Cancelleria non è stato formato e il portale funziona a singhiozzo e solo per alcuni atti e per poche attività. Eppure e dal 2019 che si parla di processo penale telematico, sono partiti i corsi di formazione presso la Scuola Superiore della Magistratura, per magistrati, cancellieri e avvocati.

Quale responsabile anche della Scuola territoriale ho tenuti parecchi corsi sul portale penale per gli avvocati. Nel momento in cui il portale funzionerà ienamente certamente il processo penale farà un grosso balzo in avanti e anche l’Italia e si allineerà con gli altri paesi europei e non.

Come Camere Penali crediamo nel processo penale telematico a condizione che non venga snaturato il principio di oralità e il rispetto del contraddittorio nel dibattimento che rimane in presenza. Molte sono le attività che si possono svolgere da remoto: si pensi alle richieste di copie degli atti di indagini e dei verbali di udienza. Al deposito telematico di tutti gli atti da parte del difensore. Alla definizione del processo con il rito del patteggiamento che potrà definirsi da studio. In pratica si andrà in Tribunale solo per il dibattimento, la formazione della prova e la discussione finale che potrà essere accompagnata o sostituta dalla memoria scritta.

Se funzionasse nei termini indicati e le Cancellerie provvedessero alle notifiche e non ci fossero i rinvii per impedimento dell’Ufficio allora si che il processo sarebbe più celere nel pieno rispetto dei diritti delle parti.

Per ora, in pieno periodo di riforme del processo penale, dettate prevalentemente da esigenze economiche ovvero quelle del pnrr, nelle aule di giustizia assistiamo a un fenomeno che è il fallimento della cd pretesa punitiva dello Stato.

Giorni orsono ho letto una dichiarazione del ministro Nordio il quale affermava che nel 2024 si definiranno il 95% dei processi pendenti con reati del 2016 e nella relazione di due giorni fa presso la Corte di Cassazione si è parlato già di riduzione della durata dei processi. L’intento è ottimo ma non va trascurato come si definiscono i processi i cui reati sono stati contestati come commessi nel 2016. Il calcolo è facile: i reati a citazione diretta con pena edittale inferiore a sei anni e senza contestazione di recidiva si possono definire solo in un modo: sentenza di non dovesi procedere perché il reato è estinto per maturata prescrizione.

Ormai è diventata una triste costante: frequentando vari tribunali italiani, dal nord a sud, una buona percentuale dei processi viene definito con sentenza di non doversi procedere perché il reato è estinto per maturata prescrizione. La produzione è alta e non è tutta colpa del covid.

Eppure fino a qualche anno fa il giudice sentiva il peso e il fallimento nell’emettere sentenza di prescrizione.

Fino a meno di due anni fa sono stato giudice onorario, per 30 anni, sono tra i pochi che hanno rinunciato alla stabilizzazione e nella nota di saluto ho sottolineato che in Magistratura si entra per concorso e non per usucapione. Ho sempre svolto funzioni di giudice del dibattimento penale monocratico e ricordo l’amarezza di quando ero costretto, fortunatamente poche volte, ad emettere sentenze di estinzione del reato per maturata prescrizione. Allora bisognava relazionare sulle sentenze di prescrizioni, oggi sono diventate una costante e una statistica. I motivi sono sempre gli stessi: i reati contravvenzionali arrivano a dibattimento ai limiti della prescrizione e per i delitti, qualche omessa notifica e qualche rinvio per l’assenza dei testi o per impedimento dell’ufficio e il reato è prescritto, con buona pace per le persone offese e gli interessi civili. Certo oggi non si può più dire che la prescrizione è colpa degli avvocati o degli imputati perché il loro impedimento ne sospende la decorrenza.

L’altro giorno nell’esaminare un fascicolo del dibattimento, in un Tribunale Lombardo, ho trovato all’interno un provvedimento del giudice che rinviava da un’udienza all’altra perché vi era il provvedimento del presidente che li invitava a rinviare i processi i cui reati si sarebbero prescritti nei successivi 12/18 mesi. Fortunatamente il giudice aveva sbagliato a contare e aveva sì rinviato ma a reato non prescritto.

Non è questo il processo penale che giudici e avvocati vogliamo – ha sottolineato – L’art. 111 della Costituzione, con il giusto processo, doveva essere il preludio della separazione delle carriere con un giudice effettivamente terzo rispetto ad accusa e difesa. Un giorno forse sarà così.

Certo c’è chi sta peggio di noi: si pensi alla Giustizia Tributaria dove addirittura il Giudice è retribuito da una delle parti, ovviamente quella pubblica.

L’augurio è che dopo tutte le riforme in cantiere si arrivi ad un Giustizia che non sia solo celere ma che sia guardata con fiducia dal cittadino che per un motivo o per un altro ci si trovi coinvolto”.

Deborah

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