L’episodio avvenuto all’ospedale ‘San Timoteo’ di Termoli. Come precisa il legale del dottore non si esclude l’avvio di un’azione risarcitoria anche nei confronti dell’Asrem


TERMOLI. Nuova aggressione ai danni di un medico. Il dottore, contuso e sotto shock per l’accaduto, presenta denuncia.

L’episodio è avvenuto il 21 gennaio all’ospedale ‘San Timoteo’ di Termoli. Nello specifico, chiarisce il legale del medico, l’avvocato Luca Damiano, del foro di Vasto, era scaturita una discussione con i familiari di un paziente ricoverato presso l’ospedale San Timoteo di Termoli, per motivi di contingentamento degli ingressi, al fine di consentire il rispetto il piano di sicurezza anti Covid.

Mentre il dottore (T.M. le sue iniziali) li invitava ad indossare le mascherine, per tutta risposta veniva spintonato da uno dei parenti del paziente ricoverato, ricevendo minacce ed insulti, vedendosi costretto ad interrompere il proprio servizio per circa un’ora.

A seguito di tale episodio dell’accaduto il professionista si è dovuto recare al Pronto Soccorso, dove gli è stato diagnosticato uno stato di ansia reattiva e contusione alla parente anteriore del torace.

Da qui la decisione di sporgere denuncia-querela nei confronti dell’aggressore, mentre è in fase di valutazione la possibilità di proporre anche un’azione risarcitoria nei confronti del datore di lavoro, in questo caso l’Asrem.

Come chiarisce l’avvocato Damiano la Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 giugno 2017, n. 14566, in un caso analogo di aggressione ai danni di un infermiere del P.S., ha precisato che “E’ onere dell’azienda ospedaliera provare di aver fatto tutto il possibile per evitare l’evento”.

“L’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 cod. civ. impone all’imprenditore di adottare non soltanto le misure tassativamente prescritte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, che rappresentano lo standard minimale fissato dal legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche le altre misure richieste in concreto dalla specificità dei rischi connessi tanto all’impiego di attrezzi e macchinari, quanto all’ambiente di lavoro. Ai fini dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro per un infortunio sul luogo di lavoro, la responsabilità del datore di lavoro di cui all’art. 2087 cod. civ. è di natura contrattuale. Ne consegue che, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo”.

È stato stimato che fino al 36% dei soggetti aggrediti sviluppa disturbi psicosomatici dopo un’aggressione e che questo può portare a stati d’ansia, sensi di colpa, sentimenti di rabbia e di frustrazione, nonché a disturbi del sonno e ad una riduzione della motivazione all’attività lavorativa. Ma il dato diminuisce considerevolmente se viene effettuato un intervento psicologico tempestivo entro le prime 96 ore dall’evento.

“Oltre alla responsabilità inequivocabile dell’aggressore per i danni fisici che ha causato – conclude Damiano – potrebbe ravvisarsi una responsabilità a carico del datore di lavoro, che non ha attivato tutti gli strumenti necessari a garantire la sicurezza del lavoratore, ma si tratta di profili risarcitori che è necessario vengano valutati sempre da un legale, caso per caso”.