La band meneghina porta la sua esibizione irriverente, surrealista, musicalmente elevatissima, nel capoluogo pentro: due ore travolgenti alla fine delle quali perfino loro si stupiscono della risposta calorosa del pubblico molisano


di Pietro Ranieri

ISERNIA. Un concerto del genere a Isernia non si vedeva – né soprattutto si ascoltava – da un bel po’. Ieri sera, 26 novembre, l’Auditorium Unità d’Italia si è trasformato per due ore in un tempio laico della musica. Lo hanno messo in chiaro fin da subito, Elio e le Storie Tese: niente frivolezze, qui si “canta nel Cristo”. La band meneghina sale sul palco con la sua esibizione irriverente, surrealista, musicalmente elevatissima: due ore travolgenti, senza un attimo di respiro, alla fine delle quali perfino loro si stupiscono della risposta calorosa del pubblico molisano.

“Che bella serata, e chi se l’aspettava!?”, ha commentato proprio Elio alla fine, quando il pubblico li ha letteralmente travolti di applausi, ringraziamenti, saluti, e tributati con una meritatissima standing ovation. Lo spettacolo è partito in quinta con il super-classico ‘La Terra dei Cachi’ e si è concluso con una travolgente ‘Born to be Abramo’, bissando poi con un’esecuzione straordinaria di ‘Tapparella’, da far tremare i polsi. La sala era piena di musicisti, e c’è da scommettere che più di qualcuno si sarà chiesto (anche con un poco di imbarazzo, come del resto è successo a chi scrive, NdR) come sia possibile raggiungere un tale livello di maestria.

Che gli Eelst siano dei musicisti di prim’ordine lo sa chiunque ne mastichi un poco, ma vederli suonare dal vivo – per la prima volta a Isernia, tra l’altro – è un’esperienza quasi mistica. La loro bravura travalica il semplice concetto di tecnica. Gli arrangiamenti, curatissimi, e impreziositi da una regia fuori dagli schemi e mai banale, sono una gioia per occhi e orecchie. Il tutto facendolo sembrare come se fosse facile, come se fosse naturale. Si passa da citazioni coltissime alle esecuzioni dei brani più famosi del loro repertorio, con chicche inaspettate (una su tutte: ‘Supergiovane’) e momenti in cui si resta inchiodati alla poltroncina per la meraviglia. La lucida follia di Mangoni. E si ride: tanto e bene, grazie a quell’ironia senza peli sulla lingua che da sempre contraddistingue il gruppo.

‘Mi è rimasto solo un dente e cerco di riavvitarlo’ è il culmine di una carriera quarantennale, nel quale gli Eelst si prendono definitivamente il posto che spetta loro di diritto nell’Olimpo delle band italiane più leggendarie. Alpha e Omega del loro percorso, e vanto anche per la città che li ha ospitati: “Viva Isernia, viva il Molise!”, saluta Elio alla fine. E si esce dall’auditorium storditi, beati, svuotati da una catarsi difficile da provare altrove: alla fine, anche un po’ orgogliosi.