Il derby d’Italia varrà la vetta del campionato dopo le vittorie interne di Juventus e Inter con Cagliari e Frosinone


di Matteo Mongiello

Di ritorno dalla sosta il derby d’Italia varrà la vetta del campionato dopo le vittorie interne di Juventus e Inter con Cagliari e Frosinone, divise ancora da due lunghezze e in fuga dopo il pareggio del Milan a Lecce e il clamoroso ‘scivolone’ del Napoli con l’Empoli, ora fuori dalla zona retrocessione occupata da Cagliari,Verona e Salernitana.

TOP

LA NUOVA VITA DI DRAGUSIN. Per la stagione del ritorno in massima serie del Genoa il direttore Ottolini è stato molto attivo sul mercato per poter garantire a mister Gilardino una rosa competitiva per poter rimanerci e, gli innesti di Retegui e Malinovsky, sono testimonianza dell’ottimo lavoro effettuato dall’area tecnica, che ha però come maggior merito quello di aver riposto totale fiducia sul rumeno, affidandoli le chiavi della retroguardia rossoblu.

L’ex Juventus garantisce sicurezza e fisicità, valori fondamentali che hanno portato squadre di blasone superiore -come il Newcastle degli emiri- a far ‘cadere gli occhi’ sul classe 2002, dimostratosi anche un ottima arma offensiva in occasione della rete decisiva della sfida al Verona a Marassi quando, allo scadere del primo tempo, è bravissimo a stoppare e a colpire al volo per regalare il vantaggio ai suoi mettendo a segno una rete che, neanche dai suoi idoli Bonucci e Chiellini, abbiamo mai visto realizzare.

UNA SETTIMANA DA FLACO. Potrebbe sicuramente far impressione leggere in una stessa frase il nome di Jude Bellingham e ​quello di Andrea Colpani, ma la verità è che a differenziarli in questo momento, almeno statistiche alla mano, ci sono solamente i quattro gol in più realizzati dal baby fenomeno inglese in ‘camiceta blanca’  rispetto al bresciano, secondo centrocampista più prolifico nei top cinque campionati europei e fresco di prima convocazione in Azzurro.

Dopo la chiamata di Luciano Spalletti per le sfide alla Macedonia del Nord e Ucraina, ‘il flaco’ ha realizzato la sesta rete del suo campionato sabato sera nel pareggio all’ U-Power Stadium con il Torino, rubando palla a Gineitis e battendo Milinkovic-Savic, culminando così la settimana più bella della sua vita e guadagnandosi un posto tra i centrocampisti più in forma di tutto il panorama calcistico, con l’obiettivo di raggiungere in vetta l’extraterrestre atterrato a Madrid in questa estate.

LA VECCHIA RETROGUARDIA. La salvezza di Salernitana ed Empoli passerà sicuramente dai gol di Dia e Caputo ma è altrettanto certo che servirà una grossa mano – anche e soprattutto in senso figurativo- da parte di Guillermo Ochoa e Etrit Berisha, migliori in campo nelle sfide al Sassuolo e al Napoli, valse un punto ai campani e un bottino pieno ai toscani.

Il messicano ci ha sempre abituato a grandissimi miracoli ma l’arrivo di Inzaghi e il debutto di Costil sembrava far traballare la posizione tra i pali del classe ’85 che è stato, però, bravissimo a riconquistarla, garantendo il pareggio nella trasferta di Reggio Emilia con una prestazione da nove e mezzo in pagella, condita da sette parate una più bella e decisiva dell’altra.

L’eroe di giornata è invece l’albanese, arrivato in estate a trentaquattro anni per fare da chioccia al giovane Caprile ma che, una volta infortunato l’ex Bari, è stato bravissimo a farsi trovare pronto, diventando lui il numero uno a tutti gli effetti e regalandosi un pomeriggio che difficilmente potrà dimenticare, smanacciando l’offensiva napoletana con parate prodigiose da dieci in pagella- come quella su Lindstrom o il doppio miracolo su Kvaratskhelia -, fondamentali per mantenere l’Empoli aggrappato alla partita e riuscendola a vincere allo scadere con un eurogol di Kovalenko.

FLOP

EMOZIONI CERCASI. La partita di cartello di questa dodicesima giornata fa tappa all’Olimpico per il derby della capitale tra Lazio e Roma, non in un ottimo momento ma consapevoli che la cittadina ha una storia a se, con tutto esaurito per ogni fila di ordine e posto e uno spettacolo da brividi sugli spalti, gremiti e colorati di biancoceleste e giallorosso con coreografie impeccabili.

Il grande dispiacere è legato proprio al fatto che l’ammaliante bellezza si sia fermata al tifo, non andando oltre con le prestazioni in campo, con un numero di cartellini – sette- maggiore alle conclusioni tentate verso le porte- due per gli aquilotti con la traversa di Luis Alberto e una sola per i lupi ma con facile presa di Provedel-, affermando così le nette difficoltà in fase di creazione del gioco da parte delle compagini ma soprattutto un imbarazzante differenza con il big match della premier Chelsea-Manchester City, disputato in concomitanza del derby e terminato 4-4, come a voler dimostrare ancora una volta, nel caso in cui ce ne fosse ancora bisogno, l’enorme divario tra la prima e la seconda lega con più qualità al mondo.

STOP AL TURNOVER. Un appello che si fa sempre più insistente da parte degli addetti ai lavori e dai tifosi è quello legato all’eccesso dell’utilizzo del turnover da parte degli allenatori, senza calcolare l’enorme rischio che si sta correndo di perdere punti fondamentali ai fini della rincorsa verso il proprio obiettivo, come capitato a Garcia e Gasperini in questo weekend e in generale a molti allenatori di squadre ad altissimo livello.

In un mondo calcistico che viaggia oramai a tre partite in una settimana, è fisiologico mettere mano alla panchina per far rifiatare i propri top player e valorizzare i loro sostituti, ma il problema è legato alla modifica della metà della squadra titolare e non a singoli individui – come nel caso di Napoli fatale a Garcia o dell’Atalanta a Udine capace di strappare un singolo punto solo nel rush finale- e il pensiero che alberga oramai nella mente di molti è quello di non essere capaci più di accettare il riposo programmato delle giovani stelle della propria squadra, visto e considerato a cosa si va incontro e dopo aver assistito alle gesta di campioni del passato, pronti a calcare il campo per vent’anni consecutivi senza la necessità di accomodarsi in panchina ma con la voglia di ‘mangiare’ il campo fino all’ultima goccia di sudore.