La valutazione fatta da Antonio D’Alessandro, che commenta il report relativo alle dichiarazioni fiscali


CAMPOBASSO. Il Molise è penultimo nella classifica nazionale relativa al reddito medio complessivo dichiarato ai fini Irpef nell’anno di imposta 2021.

A evidenziarlo il responsabile della Cisl Molise Antonio D’Alessandro, sulla base della statistica sulle dichiarazioni fiscali.

Dal report, chiarisce il sindacalista, si apprende che il valore medio del reddito del Molise è di 17.520 euro, più alto di quello della Calabria (16.300), fanalino di coda della graduatoria, ma più basso rispetto ad altre regioni del sud: Campania (18.460), Puglia (17.670), Basilicata (17.620), Sicilia (17.680).

L’analisi territoriale mostra che la regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (26.620 euro), seguita dalla provincia di Bolzano (25.680).

“Il confronto tra governo e opposizioni, in questo momento storico – afferma il coordinatore della Cisl Molise – apre all’opportunità imperdibile di incardinare finalmente nel solco di una impostazione bipartisan i temi del lavoro povero, della precarietà lavorativa, di una questione salariale che richiede una nuova strategia condivisa tra politica, sindacati e imprese. Questioni determinanti, che non ammettono divisioni strumentali né demagogie e richiedono l’esercizio di una responsabilità comune tra tutti i partiti e le parti sociali. Per questo guardiamo con il massimo interesse all’avvio di un percorso-istruttoria al Cnel che porti anche a una norma capace di estendere e rafforzare la contrattazione, assicurando salari dignitosi e copertura dei contratti leader a tutti i lavoratori, senza alcuna eccezione”.

“È tempo di concretezza – aggiunge D’Alessandro – di riformismo vero, nella consapevolezza che per fronteggiare working poors e salari bassi non è sufficiente qualche articolo sulla Gazzetta ufficiale: bisogna far applicare i contratti leader e maggiormente diffusi, contrastare i part-time involontari, aumentare le ispezioni per le false partite Iva e il parasubordinato, il sommerso e il lavoro nero, le cooperative spurie e i tanti fasulli tirocini extracurricolari.

C’è da stimolare la leva della contrattazione aziendale e territoriale azzerando il peso del fisco sugli accordi decentrati per aumentare e redistribuire la produttività. Va poi condotta in porto una grande riforma sulla partecipazione alla vita e agli utili delle imprese. È fondamentale che tutto questo entri nel dibattito e si collochi in modo organico nel quadro di una complessiva politica dei redditi partecipata da sindacati e imprese”.

“La contrattazione – conclude Antonio D’Alessandro – deve tornare al centro della politica dei redditi, valorizzando le relazioni sindacali, riconoscendo il ruolo dei corpi intermedi e sostenendo la cultura partecipativa bisogna combattere l’erosione del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati per aumentare salari, retribuzioni e pensioni rendendoli più giusti e dignitosi”.