Le parole degli avvocati della difesa e di parte civile, dopo la sentenza per l’omicidio di Cristian Micatrotta, ucciso con una coltellata che gli recise la carotide il 38enne di Campobasso, la notte tra il 24 e il 25 dicembre 2021 nei pressi del Terminal di via Vico. Esclusa l’aggravante della premeditazione


CAMPOBASSO. Omicidio di Natale, Gianni De Vivo condannato a 15 anni e 4 mesi per l’omicidio di Cristian Micatrotta, dopo la sentenza di oggi gli avvocati di parte si preparano a ricorrere in Appello.

Esclusa la premeditazione, lo aveva fatto anche il pm, ma per i giudici della Corte d’Assise di Campobasso fu De Vivo a uccidere con una coltellata che gli recise la carotide il 38enne di Campobasso, la notte tra il 24 e il 25 dicembre 2021 nei pressi del Terminal di via Vico.

Sentenza pronunciata dal presidente del collegio Salvatore Casiello, dopo tre ore di camera di consiglio, tra le proteste di alcuni familiari e amici della vittima.

“Restiamo convinti che si sia trattato di legittima difesa, per cui presenteremo Appello dopo aver letto le motivazioni della sentenza – le parole pronunciate da Mariano Prencipe, legale dell’imputato, dopo la lettura del dispositivo – Intanto l’esclusione della premeditazione, che abbiamo sempre sostenuto con forza, è un risultato che ci mette al riparo da pene abnormi per un reato di questo tipo”.

Valutano il ricorso in Appello anche gli avvocati dei familiari della vittima, Cristian Micatrotta. “De Vivo è stato riconosciuto colpevole di omicidio volontario – ha affermato Roberto D’Aloisio – dell’uso del coltello, che era in suo possesso, della rissa e delle lesioni ad altra persona presente – La pena decisa oggi dai giudici rispecchia quelle che sono le previsioni del Codice, considerando che l’accusa aveva chiesto 21 anni, con le varie riduzioni previste dal rito abbreviato, che è un diritto. Non sono state concesse le circostanze attenuanti, ma valuteremo se sollecitare il pubblico ministero a un’impugnazione su alcuni punti specifici per ottenere una pena più grave”.

“La soddisfazione non viene mai dall’entità dalla pena, altrimenti saremmo in uno stato vendicativo e non di diritto – ha rimarcato Fabio Albino, altro legale di parte civile – La soddisfazione è piena perché è stato accertato chi ha commesso l’omicidio, con quale arma, con quale modalità lo ha fatto e quali altri reati ha commesso. Considerando lo sconto di pena di un terzo, gli attuali 15 anni e 4 mesi fanno circa 23 anni, per cui può essere ritenuta una pena congrua. Staremo a vedere tra 90 giorni le motivazioni”.