Il pronunciamento dei consulenti del Tribunale di Campobasso, in merito alle cause del decesso di un paziente molisano


CAMPOBASSO. Inchiesta sulle vittime della pandemia, per la prima volta viene messo nero su bianco il nesso di causalità tra il decesso Covid di un molisano in regime di ricovero e “la pessima gestione del paziente deceduto”.

E’ quello che afferma l’avvocato Vincenzo Iacovino, in merito all’inchiesta del Tribunale di Campobasso, per la quale la procura ha chiesto l’archiviazione, mentre “i periti di un tribunale italiano accertano che un paziente Covid è morto a causa delle condotte tenute dai sanitari nell’ospedale in cui era ricoverato”.

L’uomo, ricorda il legale, che ha seguito tutta la vicenda delle denunce da parte del Comitato ‘Verità e dignità per le vittime Covid 19’ era arrivato al Pronto soccorso dell’Ospedale ‘Cardarelli’ il 3 gennaio del 2021, per una patologia tempo-dipendente. Era risultato negativo al primo tampone molecolare eseguito all’ingresso nella struttura di prima emergenza, dove era rimasto tre giorni per i primi sommari accertamenti. Ancora negativo al secondo tampone molecolare effettuato nel reparto di Medicina, dove era stato ricoverato per competenza il 6 gennaio. Negativo anche al terzo tampone molecolare effettuato il 15 gennaio.

Solo il 18 gennaio era risultato positivo al quarto tampone molecolare. Il paziente era stato dunque trasferito nel reparto Anziano fragile dopo una diagnosi strumentale di polmonite bilaterale, ma le sue condizioni erano aggravate velocemente. Il 29 gennaio i sanitari davano indicazioni per un supplemento di ossigeno progressivamente crescente. Il 31 gennaio il test molecolare dava ancora esito positivo. Il 4 febbraio, a un mese dal suo ingresso in ospedale, le condizioni cliniche del paziente risultavano scadute con un importante supporto di ossigeno tramite maschera di Venturi. Il 5 febbraio il quadro generale appariva significativamente compromesso e alle ore 19.40 dello stesso giorno veniva constatata la morte del paziente.

A questo punto familiari della vittima, considerato che il familiare aveva contratto il Covid in regime di ricovero e ritenendo il virus causa o concausa del decesso, si sono rivolti allo studio legale dell’avvocato Iavovino, chiamandso in causa l’Asrem per un accertamento tecnico preventivo del decesso.

I consulenti nominati dal Tribunale hanno depositato così la perizia definitiva in cui rispondono ai quesiti posti dal giudice, accertando – fa sapere il legale – la responsabilità amministrativa e sanitaria come causa del decesso nosocomiale per Covid contratto durante il ricovero disposto per patologia tempo dipendente.

Per i periti dalla cartella clinica emerge: l’assenza di consulenza cardiologica e di esame ecografico, neppure successivamente alla comparsa della polmonite bilaterale, allorquando la condizione del paziente ha subito un significativo peggioramento. Per i consulenti del Tribunale le carenze assistenziali segnalate assumono maggiore rilievo con riferimento alla gestione del paziente nella fase successiva al contagio da SARS-CoV 2 che, come noto, può determinare forme di miocardite molto pericolose se non riconosciute tempestivamente.

“I consulenti pur dando atto che l’Asrem a novembre 2020 ha approvato un ‘Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera per emergenza COVID-19”’così come ha elaborato un ‘Piano Aziendale per la gestione dell’emergenza coronavirus’, hanno dedotto, dai documenti, la persistenza di carenze strutturali e organizzative che avrebbero vanificato tali iniziative, in relazione ad esempio alle sanificazioni e all’utilizzo dei dispositivi di sicurezza individuale, alle misure di contrasto alla trasmissione del virus negli ospedali.

“Nel caso specifico, i consulenti sottolineano che dopo il tampone per la ricerca del coronavirus, sembrerebbe che nessun sanitario abbia visitato il paziente rilevando l’obiettività toracica e riportando sul diario clinico gli elementi rilevati unitamente alla frequenza respiratoria; in alcune date manca anche la misurazione della saturazione periferica di ossigeno a conferma di una condotta quantomeno superficiale viste l’età, le condizioni generali e le note comorbilità del paziente. Numerosi sono gli elementi che fanno dubitare i periti al punto che l’esame presente in cartella pare non possa essere riferito al paziente per i dati clinici discordanti”.

“I consulenti – precisa Iavocino- dopo aver segnalato e censurato carenze definte “espressione di condotta medica inadeguata”, ritengono ragionevole che, qualora messe in atto, le terapie all’epoca disponibili per contrastare l’azione del virus avrebbe avuto la possibilità di arrestare l’evoluzione della malattia verso la morte.

In definitiva, per i periti del Tribunale il decesso del paziente è causalmente riferibile a “omissioni e deficienze di carattere di organizzativo, responsabili della trasmissione del contagio da SARS-Cov2 avvenuto all’interno dell’Ospedale ‘Cardarelli’ di Campobasso, e “a condotte sanitarie del tutto inadeguate alla gestione clinica del paziente” che, qualora adeguatamente assistito, nonostante l’infezione virale nosocomiale sarebbe, verosimilmente, sopravvissuto alle patologie che avevano motivato il ricovero”.