Si riflette sull’opportunità di dare parola ai cittadini, per evitare così nomi imposti da Roma o proposti all’ultimo minuto. Importante il confronto ma sono necessari dei paletti: solo candidati con esperienza politico-amministrativa e in grado di comporre liste con le proprie forze. Si pensa anche a un contratto per cesellare l’accordo e il perimetro della coalizione


di Giuliano Vacca

CAMPOBASSO. Le primarie, lo storico strumento utilizzato dal Partito Democratico e dal centrosinistra per l’individuazione dei candidati alle elezioni amministrative, questa volta potrebbero fare anche al caso del centrodestra per le Regionali di questa primavera. Dalla ‘base’, emerge sempre più la necessità di uscire dall’impasse creata dalla presenza di troppi pretendenti al ‘trono’ di candidato governatore della coalizione che fa capo a Forza Italia, Lega, Unione Di Centro, Fratelli d’Italia e liste civiche collegate.  

A tal proposito, secondo l’europarlamentare Aldo Patriciello, sarebbe necessario partire in anticipo e lavorare anche alla presenza dei leader nazionali. Per questo motivo ha scritto ai partiti e alla delegazione parlamentare, chiedendo a questi di riunirsi a metà gennaio “per un immediato confronto grazie al quale ritrovare la coesione e l’entusiasmo attorno ai quali costruire le liste elettorali e un programma di governo serio e credibile da offrire agli elettori”.

Come è ovvio, l’onorevole sa bene che al momento sarebbero circa 10 gli uomini del centrodestra – tra assessori regionali, leader di partito e new entry – ad avere ambizioni da leader.

Chiaro è che la coalizione dovrà fare molta attenzione se non vuole compiere gli errori del passato. Tutti i nomi nella rosa sono spendibili e l’ambizione di ciascuno di questi è legittima ma il sentore è che non si trovi l’accordo e che si ripeta la stessa situazione del 2018 con un candidato governatore scelto all’ultimo momento.

O che peggio ancora il candidato venga imposto attraverso un diktat romano. L’unico modo per scongiurare questa eventualità è trovare un sistema democratico: proprio per questo qualcuno sottovoce chiede le primarie. “Chi ha più polvere spari”: sarebbe la giustificazione. Ma la vera questione è un’altra: le primarie rappresenterebbero il modo per dare importanza e voce agli elettori di centrodestra.  

Più saranno i candidati delle eventuali primarie, più saranno gli spunti di riflessione. Ma non mancherebbero requisiti e paletti: ogni sfidante dovrà avere nel proprio curriculum esperienze amministrative o di partito oppure essere in grado di mettere su con le proprie forze almeno una lista per le regionali. Questo detto in altri termini servirebbe ad evitare ‘sconosciuti’ e l’affidamento a soggetti della società civile tanto bravi nella propria professione quanto poco navigati in politica.  

Tra i beninformati, però, un timore serpeggia: memori delle esperienze delle comunali di Isernia nel 2021 e di Campobasso nel 2019 (ma anche delle Provinciali pentre sempre del 2019), molti temono che anche stavolta il centrodestra possa spaccarsi per volontà di qualcuno intenzionato o a portare avanti rivincite personali o a muoversi verso altri lidi. A garanzia di questo andrebbe firmato un contratto con il quale i perdenti delle primarie dichiarano di fare squadra intorno al vincitore, supportandolo durante la creazione delle liste e durante la campagna elettorale. 

E le dolenti note non sono ancora giunte. L’esigenza di dover valutare uno a uno tanti nomi diversi lascia presagire che Donato Toma, oggi presidente della Regione, potrebbe non essere riconfermato, nonostante i buoni rapporti con Berlusconi, come da lui stesso sottolineato. Ma se da un lato Lega e Fratelli d’Italia hanno categoricamente detto no a una ricandidatura, dall’altro Forza Italia tace. Eppure questo ultimo partito dovrebbe pronunciarsi più di tutti visto che sono stati proprio i ‘berlusconiani’ a imporre nel 2018 il nome del commercialista campobassano. Per di più, Nicola Cavaliere – assessore regionale, al fianco di Toma – non nasconde la sua ambizione di correre come governatore per vedere ricompensata la sua esperienza istituzionale, i suoi tanti voti messi a disposizione del centrodestra e il suo ottimo risultato alle elezioni politiche di settembre 2022. Non sarà che, forse, anche per gli stessi fedelissimi (cosiddetti) e la stessa maggioranza, l’attuale capo della giunta rappresenti un fardello? 

Ultima riflessione. Negli scorsi mesi, il consiglio regionale ha varato una modifica della legge regionale, facendo passare la soglia di sbarramento dal 3 al 5%. Sicuramente non cambia niente per Forza Italia, per i Popolari di Vincenzo Niro e per la lista civica di Aldo Patriciello, che possono contare su una cospicua dote elettorale (tra il 7 e il 10% nel 2018) che permetterà l’elezione di due o massimo tre consiglieri regionali per lista. Bene anche l’UdC che punta a raccogliere tutti i centristi e a dare casa a consiglieri regionali riottosi. Il problema si pone per altri: la Lega ha perso l’appeal di Matteo Salvini di 4 anni fa e ha perso anche i voti di Filomena Calenda e Aida Romagnuolo, oggi in altre liste. Fratelli d’Italia e Iorio per il Molise si erano fermate rispettivamente al 4,4% e al 3,6%, cioè sotto l’attuale soglia. Oggi non dovrebbero avere problemi a superarla visto che lo stesso Michele Iorio ha aderito al partito della Meloni e come lui anche altri portatori di voti ma non sono escluse possibili frizioni interne avendo troppi capibastone e non essendoci stato, almeno per il momento, il confronto tra correnti (su tutte, quella di Quintino Pallante e quella di Filoteo Di Sandro).

I meloniani inoltre non dovranno farsi illudere dall’importante risultato delle Politiche: le elezioni regionali, si sa, rispondono a logiche diverse. Per tutti questi motivi, tutti gli attuali inquilini di palazzo D’Aimmo stanno contando i propri voti per capire come muoversi per tornare ad essere eletti.

L’appuntamento elettorale è ancora lontano ma per mettere tutti d’accordo ci vuole tempo. Per questo qualora l’idea delle primarie dovesse risultare vincente e, quindi, venire approvata, la coalizione dovrebbe, già a partire dalle prossime settimane, iniziare ad organizzarle. Nell’ottica della coesione, l’appuntamento dovrebbe essere un’opportunità di confronto tra le parti e non di scontro.