Secondo il noto infettivologo oggi si dovrebbe cambiare nome alla malattia perché la sindrome respiratoria attualmente diffusa è molto diversa da quelle che ha sparso tanto dolore negli ultimi due anni


ROMA. Basta parlare di Covid, il virus che circola attualmente è profondamente diverso da quello che fece tanta paura due anni fa. Queste, nella sostanza, le dichiarazioni rilasciate dallʼinfettivologo del San Martino di Genova, Matteo Bassetti, a TgCom24 in merito al balzo dell’indice di contagiosità Rt sopra l’1 con la nuova variante Omicron 5.  

“Non credo sia il momento de reintrodurre obblighi, – ha spiegato l’esperto – ma di aver buon senso: magari gli anziani fanno bene ad indossare la mascherina. Omicron 5 non è lo stesso virus che ci ha fatto paura negli ultimi due anni, da un lato per la minore patogenicità e dall’altra dal fatto che la popolazione italiana è praticamente coperta. Credo non bisogna allarmare le persone: è una fiammata estiva che si risolverà nelle prossime settimane, come in altri Paesi, che hanno affrontato la situazione con maggior maturità”.

Per quanto riguarda i ricoveri, “bisogna capire chi va in ospedale e distinguere tra chi ha il tampone positivo ma anche qualcos’altro come una frattura, deve partorire o problemi cardiaci e chi entra in ospedale per una polmonite da Covid. Questi ultimi sono meno del 20 per cento del totale dei numeri che registriamo oggi. Quindi anche i numeri attualmente forniti lasciano il tempo che trovano. Dobbiamo smetterla di guardare i numeri, ma le persone: dobbiamo guardare i pazienti, il loro quadro clinico”.

Infine, su tracciamento e isolamento: “Il tracciamento oggi non c’è, – prosegue Bassetti – molti fanno il tampone a casa e non comunicano neanche gli esiti alla Asl di riferimento per paura di essere riconosciuti come positivi. Bisogna uscire dalla logica di segregazione per convivere col virus. Oggi sarebbe bene stabilire che se si è positivi non si esce fintanto che si hanno i sintomi e che poi ci si muove con la mascherina. Si dovrebbe cambiare nome alla malattia – conclude – Basta SarsCov2 perché questo è il virus che dà una sindrome grave respiratoria, oggi è il caso di togliere la ‘s’ e chiamarla sindrome respiratoria acuta 2022 che è molto diversa dal Covid del 2019”.