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Assistenza ai profughi ucraini, scendono in campo gli infermieri

L’annuncio della Fnopi, che dopo l’entrata in vigore del decreto sulle misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi, si dichiara pronta a collaborare nella cura dei pazienti e dei professionisti che fuggono dalla guerra


CAMPOBASSO. Emergenza Ucraina, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), pronta a collaborare nella cura dei pazienti e dei professionisti che fuggono dalla guerra.

Una presa di posizione che arriva dopo la pubblicazione delle ‘Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina’, in vigore da ieri, nella parte in cui si prevede la deroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie (art. 34), che dà la possibilità agli operatori della salute residenti nel Paese occupato prima del 24 febbraio, giorno dello scoppio della guerra, di esercitare temporaneamente le qualifiche sanitarie (medico e infermiere) o di operatore socio-sanitario sul territorio italiano, fino al 4 marzo 2023.

Il decreto prescrive che chi volesse e fosse munito di passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, può farlo in strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private, con contratto a tempo determinato, co.co.co. oppure attraverso un incarico libero-professionale, grazie alla qualificazione conseguita all’estero e regolata da precise direttive dell’Ue. Le strutture sanitarie, si precisa nel decreto, “forniscono alle regioni e ai relativi ordini professionali, i nominativi dei professionisti sanitari reclutati”.

“Ci siamo già trovati durante la pandemia e per far fronte alla forte carenza di professionisti che da anni denunciamo – prosegue FNOPI – nelle condizioni di prevedere l’immissione di infermieri stranieri senza il regolare percorso di verifica della qualità della formazione e senza il controllo degli ordini a cui, anche se viene data comunicazione, non c’è obbligo di iscrizione, ‘sfuggendo’ così alle verifiche deontologiche ed etiche oltre che della lingua italiana. Ma questa è evidentemente altra questione, non legata alla carenza. Potrebbe anzi avere grande valenza non tanto per sostituzioni di personale mancante, perché ovviamente non è pensabile sostituire infermieri con un percorso certificato, quanto per fungere da mediazione culturale con i tanti pazienti ucraini che ci troveremo ad assistere”.

Secondo la FNOPI però, quello che è fondamentale chiarire – e che la Federazione sottolinea con forza – è che tutto questo non può poi, alla distanza, trasformarsi in una sanatoria. Niente sanatorie: per una eventuale stabilizzazione è indispensabile verificare la qualità della formazione di chiunque provenga dall’estero e comunque da una formazione diversa da quella garantita in Italia e sono necessarie le verifiche previste per legge.

 “Massima disponibilità quindi – sottolinea ancora Fnopi – per un percorso che può rivelarsi non solo umanitario, ma funzionale, anche se non certo nelle vesti di logiche sostitutive, quanto di logiche di affiancamento, soprattutto per l’assistenza alle popolazioni che giungeranno da quelle zone d’Europa nel nostro Paese e avranno bisogno di tutta l’assistenza sanitaria possibile”.

 Anzi, la Federazione degli infermieri per dare maggior supporto a tutte le situazioni che, professionalmente, si possono creare nell’emergenza, sta anche studiando l’opportunità di far proseguire gli studi, ovviamente senza bisogno di prova di ammissione,  agli studenti di infermieristica che hanno dovuto abbandonare le facoltà ucraine, negli atenei del nostro Paese, per dar loro la massima formazione di qualità “che l’Europa e il mondo – conclude Fnopi – riconoscono agli infermieri italiani, i più ‘ricercati’ e ‘desiderati’ in tutte le nazioni europee ed extraeuropee”.

Carmen

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