Due studi e un report indagano anche sull’efficacia del vaccino sulle varianti: Moderna risulta più efficace contro la variante della California, ma più debole contro quella britannica.


Sono in circolo da tempo, ormai: è il momento degli studi scientifici sui vaccini. Quello prodotto da Moderna è stato messo a nudo da due studi e da un report sulle reazioni avverse.L’interesse era soprattutto per la risposta del prodotto alle varianti in circolazione e per la sua durata.

La prima ricerca, condotta dai ricercatori della Duke University, ha rilevato che gli anticorpi generati dal vaccino di Moderna hanno un potere neutralizzante circa due volte inferiore contro il ceppo scoperto per la prima volta in California, ma si ritiene che l’efficacia sia comunque buona. Più debole invece la risposta alla variante britannica, anche se è considerato sempre protettivo.

L’altro studio, quello degli scienziati del National Institute of Allergy and Infectious Diseases e della Emory University rileva invece che gli anticorpi neutralizzanti continuano a rimanere a livelli elevati per almeno sei mesi.

Ma l’attenzione, visto quello che è successo per l’altro vaccino, Astrazeneca, era anche per le eventuali reazioni alla somministrazione. Ebbene i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) dicono che sebbene il vaccino di Moderna sia altamente efficace, più persone hanno segnalatoreazioni avverse dopo aver ricevuto una delle due dosi. Questo rispetto al vaccino Pfizer-BioNTech.

Inoltre, è stato rilevato che, rispetto alla temuta carica virale della variante californiana,il potere neutralizzante di Moderna diminuisce solo leggermente (di circa due volte inferiore). Mentre contro la variante sudafricana, gli anticorpi generati dal vaccino risultano avere un potere neutralizzante da 6,7 volte a 9,7 volte inferiore. I ricercatori hanno valutato questo dato come positivo perché mentre la variante della California è prevalente nello Stato più popoloso degli Stati Uniti, le varianti sudafricane non sono molto diffuse.

Altri studi sono in itinere, alcuni stanno monitorando le risposte immunitarie oltre i sei mesi e hanno lo scopo di capire se sia o meno opportuno fare un richiamo per estendere la durata e l’efficacia contro le varianti virali emergenti. 

 

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