Il voto nella seduta del Consiglio regionale, convocato per discutere sul documento presentato da M5s e Pd e sottoscritto anche dagli esponenti di Fratelli d’Italia Iorio e Romagnuolo, che hanno votato contro il governatore


di CARMEN SEPEDE

CAMPOBASSO. Donato Toma resta presidente della Regione, per altri due anni, fino alla scadenza naturale della legislatura. Nella primavera 2023.

Non passa, nessuno ci credeva per la verità, chi è disponibile a rinunciare a 10mila euro al mese, la mozione di sfiducia presentata dagli 8 consiglieri del M5s e del Pd e sottoscritta dai due esponenti di Fratelli d’Italia, Michele Iorio e Aida Romagnuolo.

Con il ritiro della firma sulla sfiducia da parte di Filomena Calenda, nominata assessore al posto di Michele Marone, il voto è finito con  10 voti favorevoli e 11 contrari, il voto in più per il no quello dello stesso governatore. 

La votazione alle 22.30, dopo la seduta del Consiglio regionale che si è aperta alle 15 con l’elezione dei due vice presidenti del Consiglio, Gianluca Cefaratti di Orgoglio Molise, tornato al suo posto dopo la ‘parentesi’ Calenda, in quota maggioranza, e Angelo Primiani del M5s, per l’opposizione.

Dibattito iniziato con il duro attacco sul piano politico e sulle scelte amministrative da parte dei primi due firmatari della mozione, il capogruppo del Cinque Stelle Andrea Greco e il capogruppo del Pd Micaela Fanelli. Subito dopo l’intervento dei due esponenti di Fratelli d’Italia Michele Iorio e Aida Romagnuolo, su cui pure era arrivato il pressing di Giorgia Meloni a ritirare la firma sulla sfiducia e a non votare contro Toma. Per non essere messi fuori dal partito.

“Non nego il mio imbarazzo per la mia appartenenza politica al centrodestra, a cui apparterrò anche dopo il voto di questa sfiducia – ha detto Iorio – ma non si possono sottacere gli errori che sono stati commessi sulla sanità e la gestione della pandemia”. Errori, ha precisato l’ex governatore, legati alla mancata difesa della scelta del Vietri centro Covid.

“Sono a un bivio – le parole di Romagnuolo – quello cioè di decidere se dare la fiducia a questo Consiglio o dare fiducia e voce ai cittadini molisani. E scelgo quest’ultima soluzione per due motivi: perché non sono mai stata coinvolta in nessuna decisione in materia di sanità e poi perché non è stata accolta la mia richiesta del centro Covid a Larino”.  

“Il sistema elettorale adesso è cambiato rispetto al passato – ha risposto a Iorio e Romagnuolo il capogruppo di Fratelli d’Italia Quintino Pallante – i voti del consigliere che viene eletto vanno direttamente al presidente, creando così un vincolo indissolubile, che per coerenza politica non deve essere tradito”.

“Mi sembra una scena del film di Ettore Scola, ‘Brutti, sporchi e cattivi – le parole del capogruppo del capogruppo del M5s Andrea Greco, l’autore dell’intervento più politico e più duro – in cui Toma è Nino Manfredi e i consiglieri sono quelli che si accoltellano e poi si siedono a tavola e mangiano insieme. Ecco quello a cui stiamo assistendo in questa legislatura”.

A difendere la posizione del governatore l’assessore e leader di Popolari per l’Italia Vincenzo Niro, che ha parlato di “scelta inopportuna e deleteria, azione strumentale o suscettibile di strumentalizzazione, che arriva nel momento più difficile per il Molise”.

“Questo è il momento del coraggio, della fiducia e dell’unità”, ha aggiunto il vice presidente del Consiglio regionale Vincenzo Cotugno, concludendo il dibattito per la maggioranza e annunciando il voto negativo sulla mozione.

Finita come da previsione della vigilia, alla fine 11 a 10, perché ha votato anche Toma. Governatore e Consiglio in carica e tutti a casa, ma solo perché si era fatta notte. Mentre Donato Toma incassa la seconda ‘fiducia’ della legislatura.

“Non litighiamo, che cavolo, anzi che diamine – le parole del governatore prima che Salvatore Micone mettesse ai voti la mozione –  Qua c’è qualcuno che dimentica che il il 31 gennaio 2020 è stato dichiarato lo stato di emergenza sanitaria. Adesso dobbiamo batterci tutti per sconfiggere la pandemia e la disoccupazione, ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire o cieco di chi non vuol leggere. O che fa finta di non capire che la politica è l’arte delle scelte e la scienza quella del realizzare le scelte”.

Quindi il riferimento a Iorio. “Il piano ospedaliero non lo faccio io ma lo fa il commissario – ha concluso Toma – ma a noi ci unisce il fatto che né io né lei non abbiamo nulla da perdere, perché facciamo quello che facciamo per amore di questa terra. Per questo sono convinto che se ci guardassimo a quattr’occhi in una stanza tireremmo fuori qualcosa di straordinario”.

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