Nel piccolo comune molisano, scrive il quotidiano comunista “Il Manifesto”, l’ex “uomo della provvidenza” berlusconiana ha sperimentato quello che avrebbe poi applicato a L’Aquila e per finire ai due ospedali per pazienti infetti da coronavirus in Lombardia e nelle Marche


CAMPOBASSO. C’è un filo conduttore che unisce San Giuliano di Puglia agli ospedali Covid di Milano e Civitanova Marche. Si chiama Guido Bertolaso, numero uno della Protezione Civile quando il piccolo centro molisano fu colpito dal terremoto che provocò la morte di 27 bambini e della maestra Carmela Ciniglio, rimasti sotto le macerie della scuola Jovine, ma anche commissario delle regioni Lombardia e Marche per la gestione dell’emergenza Covid. C’è il nome di Bertolaso nella ricostruzione di San Giuliano di Puglia e nella realizzazione degli ospedali milionari, aperti in pompa magna e chiusi dopo pochi giorni. Ma è in particolare sul “modello” San Giuliano che si sofferma il giornalista Mario Di Vito sul “Manifesto”

Dopo 18 anni cosa resta di San Giuliano? Il paese che conta appena mille abitanti può contare su servizi e infrastrutture da metropoli: strisce pedonali in marmo, strade nuove, una piscina olimpionica, un palazzetto dello sport, due edifici per l’università (vuoti, al massimo hanno ospitato un call center), un parco dedicato alle vittime del terremoto che richiama il memoriale dell’olocausto di Berlino, un municipio che sembra il Quirinale. Mancano solo le maniglie d’oro alle porte delle case.

Affacciandosi sulla strada che porta verso Campobasso, però, guardando verso sud il grigio e marrone delle duecentosettanta casette di legno costruite all’indomani del terremoto è una stonatura che si fa notare. Qui, scrive Mario Di Vito, l’erba in mezzo alla carreggiata è alta oltre un metro, le casette sono state sfondate, abitate abusivamente da chi ne ha bisogno durante i mesi freddi, vandalizzate e rese sostanzialmente inutilizzabili. La scuola provvisoria, la Francesco Jovine, è una carcassa enorme al cui interno non c’è niente di integro: sanitari sbriciolati, estintori per terra, cataste di sedie, bottiglie vuote, bottiglie quasi piene, bottiglie rotte. Resti di cibo, abiti stracciati. E nonostante questo sul pannello dell’elettricità brillano ancora delle spie rosse: la corrente è attaccata. Sui muri, le targhe che riportano i nomi dei donatori sembrano una presa in giro: l’abbandono è totale, e centinaia di migliaia di euro di materiale vario giace senza che nessuno lo rivendichi, senza che nessuno lo ricordi.
“San Giuliano – spiega il parroco di Larino Don Antonio Di Lalla – è come nuova, ma gli altri tredici comuni terremotati sono stati rimessi in piedi alla bell’e meglio e la ricostruzione non è mai finita del tutto”.
Insomma attraverso il modello San Giuliano, Guido Bertolaso, sospinto dalla retorica berlusconiana del gigantismo a tutti i costi, ha sperimentato le ricette che poi avrebbe applicato ad esempio a L’Aquila o quando nei mesi scorsi ha tirato su dal nulla due ospedali provvisori a Milano e Civitanova Marche: tanti soldi, opere faraoniche, eccessi vari e poi dimenticanza, abbandono. E tanti saluti fino alla prossima emergenza.

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