Di Lucente chiede “dialogo con la maggioranza e i territori”. Si allontana il voto favorevole alla mozione del Pd e dei Cinque Stelle che manderebbe Toma a casa anzitempo. Fondamentale la questione delle deleghe ai consiglieri. La legislatura, almeno fino al giro di boa di novembre, dovrebbe avere i numeri


CAMPOBASSO. Fiducia a tempo da parte del Polo Civico a Donato Toma.
Il neonato gruppo all’interno della maggioranza di centrodestra non nega a prescindere il suo appoggio al governatore, sul quale si abbatte oggi il fuoco incrociato di Cinque Stelle, Pd e anche di pezzi del centrodestra (vedasi Michele Iorio). Ma fissa i ‘paletti’. E soprattutto detta i tempi.

Anche se tra le righe, pretende, entro novembre, il rispetto dei patti di coalizione, vecchi anche di due anni, circa la ridistribuzione delle deleghe ai consiglieri e rivendica maggiore concertazione. Se ciò non dovesse accadere, la posizione del presidente della Giunta verrebbe messa seriamente in discussione. Con un voto favorevole ad una eventuale nuova mozione di sfiducia.

Un avvertimento, dunque. Che filtra nelle parole del consigliere altomolisano Andrea Di Lucente. “Il neo Polo Civico – afferma  – non vuole sfiduciare Toma, ma non intende farsi calpestare oltre nella propria dignità”. Tali parole fanno il paio con la decisione, da parte di Di Lucente e Micone, di abbandonare l’Aula durante la discussione sul progetto del Vietri Covid Hospital avanzato dal commissario alla Sanità Angelo Giustini. “Quello è stato il segnale della dignità violentata – incalza Di Lucente – Su un tema di simile portata un governatore non può astenersi. Forse non è neanche mai accaduto. Riteniamo sia necessario prendere delle posizioni nette, chiare e prendersi pure delle responsabilità. E, soprattutto, bisogna dialogare con la maggioranza e con il territorio. Bene avrebbe fatto Toma a convocare i sindaci di tutti i 136 comuni del Molise e spiegare loro il suo progetto di sanità, quello che vuole il Cardarelli Hub con una torre Covid”.

Sarà dunque il mese di novembre quello decisivo per il governo Toma. Per quel periodo è, infatti, atteso il ‘giro di boa’, la riorganizzazione della squadra, con l’agognata redistribuzione degli incarichi a cominciare dalla poltrona di presidente del Consiglio, attualmente occupata dal dissidente Salvatore Micone. Se entro quella data non dovessero esserci cambiamenti di rotta sostanziali, c’è il rischio di più di qualche rappresaglia. Ad esempio, potrebbero fermarsi i lavori della Prima Commissione (competente su Ordinamento e organizzazione amministrativa) la più importante degli organi consultivi permanenti. Presieduta proprio da Di Lucente, non viene convocata da tre settimane. E il rischio di una paralisi delle attività consiliari è tutt’altro che scongiurato. 

In ogni caso il governatore ha ancora del tempo dalla sua per addrizzare il tiro. Un tempo verosimilmente utile a tutti, maggioranza e opposizioni. Perché nessuno, nonostante minacce di sfiducia e altre prove di forza, è davvero pronto per andare subito ad elezioni – cercasi leader disperatamente! – né tantomeno appare scontato rinunciare a indennità, benefit e altre prebende per migliaia di euro al mese. Soprattutto in tempi di crisi, quasi nessuno degli attuali inquilini di Palazzo D’Aimmo può permettersi di rinunciarvi per tornare alla vita di prima. E la prospettiva di essere rieletti non è matematica per nessuno.

Toma, insomma, è lungi dall’essere spacciato, come a tratti può sembrare.  E se i centristi –  oggi – sembrano allontanarsi, c’è la consigliera Mena Calenda che invece – stando alle indiscrezioni – pare volersi riavvicinare alla Lega e quindi al governatore, che da sempre ha mostrato ‘sensibilità’ verso il partito di Salvini. Privilegiandolo finanche a scapito degli altri alleati – come dimostra la recente nomina di Michele Marone, secondo assessore esterno del Carroccio dopo Luigi Mazzuto – magari con un pensiero rivolto al futuro. Perché no, alle Politiche. Anche se il voto, ai più, appare ancora lontano.

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