Sono tra i più penalizzati dall’emergenza sanitaria in atto; ora le loro istanze sono state rilanciate dal sindacato Fiom Cgil che ha denunciato la condizione di incertezza e di abbandono da parte del governo e delle aziende, nei confronti di migliaia di lavoratori che al momento sono più esposti agli effetti di un eventuale contagio da Covid.19


CAMPOBASSO. “L’attuale modello di sviluppo creerà sempre le condizioni perché le categorie più deboli paghino il tributo più alto”. E’ quanto sostiene la Fiom Cgil Abruzzo-Molise che in una nota cita come esempio di abbandono e di incertezza il caso dei cosiddetti “lavoratori fragili”, nella cui vasta categoria rientrano quelli affetti da malattie cardiovascolari, respiratorie, psichiatriche, autoimmuni sistemiche e oncologiche.
Secondo il sindacato “né il governo né le aziende cercano di fare uno sforzo in più per non essere la causa dell’eventuale emarginazione di questi lavoratori. Al tempo del coronavirus alcune aziende, nelle more dei buchi legislativi, attraverso i medici competenti inviano delle lettere ai lavoratori che ritengono iper-suscettibili invitandoli a non presentarsi al lavoro e a rivolgersi al medico curante perché questi ne dichiari l’idoneità al lavoro.
Per prima cosa – spiega la Fiom – i medici di base non hanno la competenza per stabilire l’idoneità di un lavoratore a una specifica mansione. Secondo poi, la terminologia “invito” mette in forte difficoltà questa categoria di lavoratori, i quali, si trovano a decidere del loro destino assumendosi direttamente l’onere di una scelta critica, frutto solo di una delicata condizione di salute.
La gravità di questa situazione – aggiunge il sindacato – è che non si potrà mai determinare per quanto tempo durerà questa condizione legata al coronavirus, con la conseguenza che non si sa su quale reddito tali lavoratori potranno contare.
I lavoratori fragili saranno di più tipi, quelli che potranno utilizzare il codice di malattia V07 rientranti nelle figure previste nel DPCM e quelli che vedono una estensione delle patologie da parte delle aziende o quelli ai quali i medici di base non ritengono di poter applicare il codice V07. I primi, compatibilmente con il regime degli ammortizzatori sociali, vengono considerati in malattia equiparata ad un ricovero ospedaliero e quindi le giornate di assenza, pur essendo salvaguardate dal punto di vista economico, impattano sul comporto in termini di conservazione del posto di lavoro; gli altri seguiranno le regole previste dalle circolari INPS se in malattia o saranno in cassa integrazione se l’azienda potrà utilizzare gli ammortizzatori sociali.
Se il lavoratore ritiene opportuno non andare al lavoro per salvaguardare la propria salute ma il medico di base non ravvisa le condizioni di malattia, o viene posto in cassa integrazione con una forte perdita economica (sempre che l’azienda abbia a disposizione la cassa integrazione), oppure rischia di restare a casa ma senza stipendio.
Se il lavoratore è afflitto da una patologia e quindi il medico di base ne certifica lo stato di malattia, può trovarsi davanti a due situazioni: la prima è che gli viene pagata la malattia ma comunque c’è un impatto sul comporto; la seconda è che, qualora l’azienda abbia attivato la cassa integrazione, il lavoratore fragile viene collocato in regime di ammortizzatore sociale, quindi pagato secondo gli importi previsti per la cassa integrazione.
Cosa succede se il lavoratore, nonostante la precarietà della sua condizione di salute, decide di rientrare al lavoro? o l’azienda, tramite il medico competente, lo fa rientrare e il lavoratore, pur consapevole delle sue condizioni, svolgerà le mansioni assegnate; oppure l’azienda, tramite il medico competente, lo ritiene temporaneamente inidoneo al lavoro e di conseguenza rientra nei casi suddetti.
Questa condizione, non normata, potrebbe alimentare forti preoccupazioni su potenziali decisioni discriminatorie. Che colpa hanno questi lavoratori se devono fare i conti con “fragilità” che non consentono temporaneamente di lavorare?
Come previsto da Dpcm e protocolli le aziende sono chiamate a creare le condizioni perché i lavoratori fragili possano tornare a volgere le loro attività in sicurezza”.
La Fiom ha predisposto una lettera che ogni singolo lavoratore fragile potrà inviare all’azienda riportando l’onere della decisione in capo all’unica figura titolata: il medico competente.

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