Il virologo dell’Università di Padova Giorgio Palù a TgCom24 cerca di fornire un quadro chiaro di ciò che attualmente si conosce del Covid-19: dalle origini, alla trasmissione fino agli studi sugli anticorpi


Oltre 260mila vittime in tutto il mondo per 3,76 milioni di casi, eppure il Covid-19 – il virus dalla doppia faccia: altamente infettivo e rapido, che talvolta porta alla morte e in altri casi passa addirittura inosservato – resta in parte sconosciuto.

Ricercatori ed esperti di ogni genere al lavoro da mesi per conoscere la malattia e bloccarla, tra teorie ai limiti del possibile e segnali concreti di speranza. Ma la scienza ha i suoi tempi, come si evince dalle parole del virologo dell’Università di Padova Giorgio Palù che, a TgCom24, ha cercato di fare un po’ di chiarezza, mettendo dei punti fermi in ordine a quelle che sono attualmente le certezze sul virus e agli aspetti ancora ignoti.

LE ORIGINI: Al netto della polemica sulla presunta nascita del virus in un laboratorio di Wuhan, ingaggiata in particolare dagli Stati Uniti, “la sequenza genetica del virus SarsCoV2 indica una parentela con il pipistrello del genere Rhinolophus, più noto come ‘Ferro di cavallo’. L’unica differenza – ha osservato Palù – è in 4-5 amminoacidi della proteina Spike, la punta che il virus utilizza per aggredire le cellule umane attraverso il recettore Ace2. Alla ricerca di affinità con questo recettore si era pensato a un animale come ospite intermedio, ma poi non si è trovato“.

LEGAMI CON L’INFLUENZA. Un dato certo: dopo mesi di ricerche e di osservazioni della realtà, a contatto con migliaia di pazienti, si è acquisita la consapevolezza che il Covid-19 non è una malattia respiratoria ma una malattia sistemica. Non è dunque un’influenza. “Si tratta di una malattia molto più aggressiva – ha detto Palù – perché il recettore Ace2 si trova sulle cellule di molti organi, come cuore, intestino, fegato. Forse fin da subito si poteva pensare che avrebbe potuto infettare altre parti dell’organismo, ma lo si è capito solo dopo”.  

IL CONTAGIO. L’altra certezza è che il virus è contagioso anche senza sintomi, in quanto “si è visto che la carica virale è molto alta già prima che compaiano i sintomi”, ha aggiunto il virologo. Tuttavia, al momento non si sa “per quanto tempo effettivamente in un soggetto può albergare il virus” e quanto dura, di conseguenza, la capacità di infettare, che è lontana dai sette giorni che si ipotizzavano inizialmente. Sarebbe utile – ancora Palù – “conoscere di più la biologia del virus studiando gli asintomatici”.

GLI ANTICORPI. Infine, capitolo ‘anticorpi’: sui quali si sta molto dibattendo anche alla luce della sperimentazione di una cura. “Che l’immunità ci sia lo hanno dimostrato tante ricerche cinesi, dalle quali emerge che tutti i guariti hanno alta frequenza di anticorpi – ha rilevato Palù – Resta da capire quanto dura il loro effetto: dovremmo studiare gli individui con anticorpi neutralizzanti in tempi diversi fino a trovare – ha concluso – la concentrazione di anticorpi capace di dare protezione“.

 

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