Il virus italiano spaventa i cinesi: chiusura a oltranza, altro che Fase 2

Si erano messi in autoquarantena già a metà gennaio, contenendo notevolmente i contagi nella provincia toscana di Prato, dove rappresentano la terza comunità d’Europa in termini numerici. E ora scelgono di attenersi “alle indicazioni egli esperti: è ancora troppo presto per riaprire”

Non riapriranno neppure il 4 maggio. Per scelta. Per loro, la situazione sanitaria è ancora preoccupante e, dunque, vogliono dar retta agli esperti e attendere ancora.

Sono i cinesi della comunità di Prato, la più popolosa d’Italia. Come riferisce ‘Il Fatto Quotidiano’, la comunità cinese della città toscana, pari a oltre 25mila persone e ben 4.800 aziende di pronto moda, rinvierà la Fase 2 a tempi migliori. E non seguirà, pertanto, i colleghi italiani del tessile, che in buona parte hanno già rialzato le saracinesche dallo scorso 27 aprile per la manutenzione dei macchinari, anche su forte pressing di Confidustria Toscana Nord.

Da notare che la comunità cinese si era messa spontaneamente in quarantena già da metà gennaio, con l’epidemia che in Italia era praticamente agli albori, silente e sconosciuta ai più. Ma non a loro, che hanno deciso per l’autoquarantena. Un messaggio chiarissimo ai pratesi, colto anche stavolta dal sindaco Matteo Biffoni: “Si è trattato di un monito per gli altri cittadini a prendere la cosa sul serio. Per questo capisco la loro scelta di stare chiusi anche adesso”, ha commentato al ‘Fatto Quotidiano’. E non è un caso che Prato, in Toscana, sia una delle province con meno contagi.

Marco Wong, consigliere italo-cinese eletto con la lista del sindaco è ancora più esplicito: “La preoccupazione sul rischio sanitario è ancora molto forte nella nostra comunità e ci sembra che ci sia troppa voglia di riaprire subito. La Cina ci insegna che bisogna farlo gradualmente e solo quando la situazione è contenuta. Molti di noi continueranno a lavorare in smart working. Noi vogliamo attenerci alle indicazioni degli esperti: secondo loro è ancora troppo presto per riaprire. Non vogliamo mettere in pericolo la nostra salute”.

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