Cara UNILEVER, ricordo bene e con una forte stretta al cuore, perché quegli anni non torneranno più, soprattutto quelli miei e di mio fratello in cui noi avevamo il diritto di trascorrere delle giornate in spiaggia con mia madre, quando la vedevamo continuamente al telefono, sotto l’ombrellone, isolata da tutti per cercare di aiutare qualche collega a risolvere i problemi o accertarsi che la produzione non avesse ostacoli. Non c’è stato orario, non c’è stato giorno, non c’è stato momento che mia madre si fosse limitata o preservata a non rispondere a quel “91_9XX¬_XX”. Quante volte avrò visto comparire questo numero sul display del telefono mobile! Chi ce le ridà quelle giornate? E quelle domeniche? Non sono a conoscenza che la sua azienda ha un fondo speciale per i figli che non hanno potuto godersi pienamente i propri genitori che credevano fortemente nella sua azienda; perché se così fosse, io, mio fratello e tanti altri, ne abbiamo il pieno diritto.
Sono basito e demoralizzato di quello che vedo della nostra cara UNILEVER, quella Unilever che una volta sventolava orgogliosamente sui pennacchi del viale tutte le bandiere del mondo, in occasione degli ospiti internazionali o per una qualche ricorrenza. Sono stato felice nel partecipare all’open-day del 2010, era stata una festa per tutti. Avevamo toccato con mano la ‘linea’. Dalle essenze al flacone. Dalla provetta al pallet imballato. Dal carrello alla motrice pronta per consegnare quel prodotto, creato e uscito da una azienda molisana. Ritenuta da tanti l’asse trainante dell’intero polo industriale.

Cara UNILEVER, cari colletti bianchi con macchine aziendali, cari super-mega direttori, cari responsabili di settore, cari politici, cari fantomatici stagisti, cari direttori del personale, cari ministri, forse non siete ancora a conoscenza di quanta materia organica, detta comunemente M***A, state spargendo sulla testa di queste famiglie, la mia compresa. Avrete anche voi dei cari che via aspettano a casa, anche voi vorrete trascorrere delle giornate con loro e la domenica uscire per una passeggiata insieme. Aprite quanto possibile le vostre coscienze. Qui si parla del futuro di ben oltre QUATTROCENTOCINQUANTA famiglie, di un indotto non indifferente. Qui state ‘sputando’ menefreghismo su coloro che hanno dato tutta la loro vita alla vostra azienda, che hanno creduto nello sviluppo economico di una provincia e di una regione. Che hanno voluto crescere insieme, superando difficoltà ed ostacoli. E in risposta cosa si sta ottenendo? I segreti di Pulcinella. C’è gente con ben oltre 60 anni che è stanca di essere presa in giro ed è ad un passo della pensione, ma anche giovani ragazzi, che hanno investito su loro stessi, creando una famiglia, accendendo un mutuo, che tutti i giorni prendono un pullman per guadagnarsi il dovuto.

Cara Unilever, Lei non ha il diritto di prenderli in giro perché se la sua azienda è arrivata a certi livelli, è anche grazie a loro. L’eccellenza e la coerenza di un’azienda è la tutela del suo dipendente da quando entra sino a quando esce. Non può decidere le virtù e i destini di tutti solo perché crede che i tagli e i cambiamenti giovano all’azienda; ma provi solo a pensare alla credibilità che Lei avrà d’ora in poi! Potremo mai, noi tutti, credere nelle sue belle parole, scritte su fogli bianchi che si appellano a leggi regionali, nazionali ed economiche?
I suoi dipendenti sono delusi. I suoi dipendenti sono sconcertati dall’atteggiamento snob e menefreghista che il nucleo di Pozzilli ha assunto sin dai primi campanellini di allarme. I suoi dipendenti sono stanchi e INC****TI, perché Lei non ha mostrato, in questa occasione così delicata, d’avere il coraggio e di dire tutta la verità. I suoi dipendenti si sentono presi per il c**o, ma una persona, ha una dignità, e Lei, cara Unilever la sta calpestando, è come spegnere un mozzicone di sigaretta sotto la scarpa.
E le faccio un’ultima osservazione. Metta da parte il progetto di cambiare, cerchi di capire che rinnovare, non porta solo benessere, qui Lei, deve scendere in strada e capire perché la gente ha paura, deve ascoltare le angosce e il terrore dei suoi dipendenti, di quegli stessi dipendenti che hanno fatto nascere e crescere l’Unilever. Scenda in strada con loro, cerchi di essere coerente, esplicativa, onestà. Non li prenda in giro, non è tra i suoi diritti. Capisca che qui c’è in gioco il futuro di tante famiglie che compongono un piccolo nucleo, di una piccola provincia di una piccolissima regione. Quelle donne e quegli uomini non sono solo dei numeri, non sono un badge, e neanche una matricola. Quelli sono i suoi dipendenti che hanno reso la sua azienda forte e unica, e che non meritano un calcio nel culo ed essere sbeffeggiati con un sogghigno malizioso. Metta da parte i suoi interessi, cerchi di capire le problematiche che questo grande cambiamento porterebbe ad ogni singola famiglia, trovi dei compromessi, ma garantisca a quelle stesse famiglie di poter vivere degnamente senza elemosinare niente a nessuno. Torni ad essere quell’azienda che ha investito sul territorio avendo riconosciuto ad ogni singolo il diritto al lavoro.
Ma se così non fosse, allora mia cara UNILEVER, lei ha fallito come immagine, come azienda, come realtà, come credibilità. Parlo di mia madre. Ma questa è la storia di tante famiglie”.

 

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