Categories: CRONACA

Uccide l’amante per ‘un segreto troppo scomodo’

L’approfondimento dell’esperta sul delitto della donna bresciana Manuela Bailo, sparita dal 28 luglio scorso perché assassinata dall’uomo per il quale aveva lasciato il proprio compagno


di R. Francesca Capozza*

Sembrava sparita nel nulla, inghiottita nelle ore che scandiscono il susseguirsi delle giornate, la giovane donna bresciana, Manuela Bailo, che dal 28 Luglio non aveva lasciato più tracce di sé. Dopo la sparizione, però, sembrava aver inviato messaggi all’ex fidanzato, con il quale continuava a convivere, informandolo che sarebbe rimasta per due giorni al lago, e alla madre, nei giorni successivi, a cui scriveva che non ci sarebbe stata per pranzo, nonché il lunedì al titolare del Caf dove lavorava per avvertirlo che non stava bene e che non sarebbe andata al lavoro.
L’autopsia psicologica della vittima, volta a ricostruire la storia di vita della giovane, a ripercorrere frequentazioni, attività, progetti, abitudini attraverso l’ascolto dei testimoni e l’analisi di documenti, tabulati e quant’altro appartenesse alla stessa, comincia a dissipare il buio che l’aveva avvolta. La preoccupazione dei genitori, che non riconducono la scomparsa della figlia ad un aspetto abituale o possibile del suo comportamento, indirizza da subito le indagini a scartare l’ipotesi dell’allontanamento volontario, considerando anche che nulla mancava degli effetti personali in casa della giovane.
L’assenza di tono emotivo e la laconicità e genericità del contenuto degli sms, nonché un vago riferimento a possibili problematiche personali (“Sono con la Francy, l’unica che mi capisce”) sono elementi distintivi per stabilire la contraffazione degli sms inviati.
Si comincia ad indagare quindi nella sfera intima, affettiva, relazionale della donna che permette di portare alla luce un segreto che presto si sarebbe rivelato la soluzione dell’enigma. Manuela aveva una relazione da 2 anni con un uomo sposato, che sarebbe stato l’elemento di rottura con il fidanzato. Si trattava del funzionario della Uil metalmeccanici, collega d’ufficio di Manuela che lavorava al Caf. Un legame nel quale probabilmente la giovane credeva e aveva investito emotivamente, considerando anche che Manuela aveva scelto di rompere il legame precedente per vivere quello recente.
La confessione del 48 enne Fabrizio Pasini non avviene spontaneamente, in virtù di una difficoltà psicoaffettiva ed etico morale di reggere il peso per la truce azione commessa, ma arriva al rientro dalle sue vacanze, solo quando i carabinieri gli esibiscono il decreto di perquisizione e gli indizi che lo incastrano (aver ripreso lui e la donna nella sua auto il giorno stesso della sparizione). Ha sepolto la donna in una cascina abbandonata nelle campagne tra Brescia e Cremona, confessa, negando però la commissione dell’omicidio e riferendo di un’accidentale e fatale caduta dalle scale.
L’avrebbe caricata in macchina, subito dopo la sua morte. Raggiunto il luogo dove spesso giocava a soft-air con gli amici, avrebbe nascosto il cadavere in un sacco della spazzatura e sepolto in una vasca, dallo stesso coperta con lamiere, e lasciato marcire per 23 giorni consecutivi.
Le indagini sono ancora in corso, si è in attesa dei risultati dell’autopsia e di conoscere il movente ed il luogo del delitto, ma alcuni elementi sono già ben eloquenti. I dati raccolti sinora fanno propendere per l’ipotesi di omicidio volontario , il più intimo dei reati violenti, unitamente ad un attento occultamento del cadavere. Un modus operandi lucido e organizzato in cui l’assassino calcola nei dettagli le mosse da compiere, evidenziando una elevata capacità di controllo emotivo che mantiene già nell’immediatezza delle ore successive al delitto (la stessa sera dell’omicidio sarebbe stato in compagnia di amici, ha trascorso 2 settimane in vacanza con la famiglia, senza dare segni di tensione o stress emotivo). Tutto doveva restare nascosto, non solo la loro relazione, ma anche la sparizione di Manuela e il suo omicidio.
Gli elementi di cui attualmente si dispone lasciano supporre che l’ amante di Manuela fosse mosso dall’imperativo personale di riprendere la vita di sempre con sua moglie ed i suoi figli, nulla doveva turbare il suo equilibrio familiare di cui le vacanze in Sardegna sancivano la “normalità”. Se i fatti saranno confermati dal prosieguo delle indagini e degli accertamenti, alla luce di quanto sinora emerso, sembra delinearsi una motivazione strumentale legata ad un calcolo razionale per ottenere un guadagno consistente: l’aggressore decide che la vittima deve morire in quanto la sua sopravvivenza pone ostacoli troppo grandi per la vita dell’omicida (l’unico elemento di partecipazione della vittima è dato dalla sua esistenza). La vittima probabilmente aveva assunto un ruolo provocatorio di minaccia alla tutela dell’integrità del nucleo familiare dell’amante. Già la teoria criminologica della valutazione dei costi e dei benefici (Block e Clarke,1990) ci rende plausibile che un individuo possa effettuare con razionalità una scelta criminale, come quella omicidiaria, secondo un criterio di tipo utilitaristico di calcolo e analisi dei costi-benefici connessi alla commissione del reato. Il potenziale assassino calcola, valuta e soppesa vantaggi e svantaggi derivanti dalla commissione del delitto: se i benefici attesi risultano essere superiori ai possibili costi e svantaggi (che si scopra la relazione o l’omicidio), decide di uccidere.

*criminologa, psicologa, psicoterapeuta

 

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Alessandra

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