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Spopola a Isernia lo spettacolo ‘Tutti cantano Sanremo live’: l’intervista a Povia, mattatore della serata

 Questa esigenza per il sociale di cui ci hai parlato, da cosa nasce? Da dove viene?
C’è sempre stata. Nel 2003, quando ancora non ero Povia – I bambini fanno Ooh è del 2005, ndr – vinsi il Premio Musicultura Recanati con un brano che si chiamava Mia sorella, che tratta dei disturbi alimentari, quindi bulimia e anoressia, e racconta l’amore che un fratello prova per una sorella. Una canzone molto dolce che mi fece vincere quel premio – tra l’altro 20mila euro che mi aiutarono a rifarmi gli infissi di casa (ride). Sono sempre stato vicino al sociale, anche nei dischi iniziali: avevo due brani sul tema nel disco ‘Evviva i pazzi’, poi nel 2007 ho pubblicato Come fai che denuncia il sistema bancario mondiale, e piano piano ho iniziato a prenderci gusto. E poi mi rendo conto che viviamo in un mondo anestetizzato a livello sociale, i ragazzi si fanno cambiare da un display, e questa è la cosa più tragica. Essendo papà di due bambine tutto quello che faccio viene pensando a loro. Magari nella vita non mi sento molto perfetto, mentre invece mi avvicino all’esserlo quando scrivo canzoni. Anche le mie ‘provo-canzoni’, quelle con qualche piccola parolaccia a fin di bene, con qualche argomento che stuzzica la quiete culturale di qualcuno. Ovviamente se tocchi i temi sociali diventi divisivo, ma bisogna avere il coraggio delle idee. La libertà o è per tutti o non è per nessuno”.

Cosa ci dici a proposito delle accuse di essere fascista, e sul conciliare o non conciliare la musica con le idee politiche?
La tematica politica, che non vuol dire partitica, mi appassiona molto. Sai, c’è il partito, ti fai la tessera, e io ho ricevuto proposte da destra e manca: nel 2005 me la propose anche l’Anpi, l’associazione partigiani, e dissi di no; mi è stata proposta da vari estremi, dalla sinistra, dai cinque stelle, però io preferisco rimanere libero, tradurre in musica la finanza, l’economia, tutto ciò che c’è dietro, cercare di capire come funziona. Prendi il mio brano Chi comanda il mondo, che denuncia il sistema finanziario mondiale. Mi piace parlare di spesa pubblica, del fatto che ci dicono di dover risparmiare a tutti i costi per ripagare un debito a un computer. Ecco, più ti appassioni a questi temi più diventi divisivo, però purtroppo quando parli di queste tematiche sei automaticamente schierato a destra. Io invece non mi sono mai schierato con nessuno, vado dovunque mi facciano esprimere. Devo dire che questa è proprio La terminologia dei bimbiminkia di cui parlo in una mia canzone”.

Jovanotti è passato da ‘cancella il debito’ a ‘le multinazionali creano lavoro’. Tu che ne pensi?
“È un discorso più complesso. È giusto che si crei lavoro, le multinazionali devono vivere, e in Italia la repubblica riconosce il libero mercato purché non vada in contrasto con i diritti dei cittadini. È ovvio che se tu prendi tante persone a lavorare ma le paghi 300 euro al mese allora non sono più d’accordo: svalutiamo il lavoro, svalutiamo i cittadini per valutare il mercato e ci ammazziamo per vendere prodotti sempre più scadenti e fare a gara con la Cina, la Russia, l’India. Ecco perché tanti economisti – e io che sono solo un ‘portatore sano di convegni’ – come Alberto Bagnai, o Claudio Borghi, giuristi come Luciano Barra Caracciolo, avvocati come Marco Mori, persone sia schierate politicamente che non come Gustavo Zagrebelsky, che è stato presidente della Suprema corte, sono tutti a favore del recupero della sovranità. Noi dobbiamo pensare a proteggere i nostri muri, come abbiamo fatto dal dopoguerra in poi, perché ovviamente se apriamo a tutti è caos. Se si butta giù il muro di casa col proprio vicino non sta più bene a nessuno”.

Hai cercato spesso di coniugare l’impegno sociale con temi anche più allegri e disincantati. Secondo te, per parlare di temi difficili, una canzone può o deve essere semplice?
“Sì, nella semplicità c’è la più grande complessità, diceva un filosofo. Non ricordo chi perché ho la terza media, vivo anche per citazioni, sono un po’ rinco (ride). Se ti fai capire, capiscono, se cominci a usare metafore lasci lì le parole a caso e chi le vuole interpretare le interpreta. A me piace essere chiaro, comprensibile. Per esempio, se fossi un ignorante non saprei che le lobby esistono davvero e che pagano i politici milioni di soldi per fare le leggi a favore delle multinazionali. Lo dico col sorriso, tanto è vero!”.

Pierre

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Pietro

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