Quasi cinquant’anni trascorsi nella scuola del centro altomolisano. Osservatore puntuale dei comportamenti. Critico attento della società e della politica


 

di Giovanni Petta

SESSANO DEL MOLISE. È morto a 89 anni Pasquale D’Annesse. Il maestro Pasquale, come lo hanno sempre chiamato tutti.
Quasi cinquant’anni trascorsi nella scuola, accanto ai bambini sessanesi che, di generazione in generazione, si sono avvicendati nella scuola del paese altomolisano.
Quando il maestro Pasquale insegnava, il maestro era unico ed era unico per tutto il ciclo elementare. Prendeva i bambini a sei anni e li accompagnava fino alla scuola media.
Ancora oggi, accanto al titolo di maestro o di maestra si lascia il nome di battesimo dell’insegnante.
Il professore invece, già dalle medie, ha il cognome accanto al titolo.
Ma i bambini preferiscono dire maestra Nadia, maestra Gemma, maestra Marta e, appunto, maestro Pasquale.
Evidentemente, qualcosa si rompe o, per meglio dire, si evolve nel rapporto tra docente e discente nel passaggio dalle scuole elementari a quelle medie. Una metamorfosi che, forse, non peggiora né migliora il rapporto di relazione. Tuttavia, il fatto che si cominci ad usare il cognome del docente, invece del nome, sembra un segnale di allontanamento, di distanza.
Il maestro, soprattutto quello unico di una volta – ma ancora oggi è così -, segnava le generazioni, formava nel senso letterale del verbo, plasmava, diventava modello, educava.
Il maestro Pasquale era spigoloso, severo, puntiglioso. Osservatore puntuale dei comportamenti. Critico attento della società, della politica. Amava la compagnia degli amici e nelle situazioni amicali non si tirava mai indietro nel condividere ogni cosa e nell’instaurare discorsi polemici. Amava il contrasto dialettico, si batteva come un leone per affermare la sua tesi, aveva sempre un argomento importante su cui basare le sue opinioni.
E tutta questa dinamicità, questo spirito critico forte, mai domo, si trasformava spesso in dolcezza e tenerezza nei confronti dei suoi bambini.
Rimanga, a testimonianza di ciò, il ricordo di una sua decisione professionale che diventa episodio leggendario e di cui sono venuto a conoscenza solo qualche tempo fa.
Eccolo.
Era il tempo delle poesie da mandare a memoria: Pascoli, Carducci e persino la prosa poetica dell’Addio ai monti di Manzoni.
Era il tempo delle poesie da mandare a memoria per il Natale, il Carnevale, la Pasqua.
Negli anni ’70, il maestro Pasquale prese in carico una prima elementare frequentata da due bambine che, per motivi diversi, non avevano uno dei genitori: senza la madre una, senza il padre l’altra. Nei cinque anni di studi elementari di quella classe, si sorvolò con leggerezza gioiosa sulla festa del papà e sulla festa della mamma. E nessuno dei bambini di quella classe, senza accorgersene e senza sentirne la mancanza, imparò mai a memoria la poesia del papà e la poesia della mamma. Furono tenuti insieme dal maestro Pasquale, senza parlare di mamme e senza parlare di papà, in una profondità umana incommensurabile, come fratelli.